TESTIMONIANZA DI SUA ECCELLENZA MONS. CAILLOT

TESTIMONIANZA DI SUA ECCELLENZA MONS. CAILLOT VESCOVO DI GRENOBLE IN SEGUITO AL RAPPORTO STABILITO DURANTE L'INCHIESTA CANONICA, FATTA IN MERITO A MADRE EUGENIA

Sono passati dieci anni da quando, come Vescovo di Grenoble, ho deciso l'apertura di un'inchiesta sul caso di Madre Eugenia. Possiedo ora elementi sufficienti per portare alla Chiesa la mia testimonianza di Vescovo. Una prima certezza viene fuori in piena chiarezza dall'inchiesta: 1. Quella delle virtù solide di Madre Eugenia. Fin dall'inizio della sua vita religiosa, la Suora aveva attirato l'attenzione delle sue Superiore per la sua pietà, la sua obbedienza, la sua umiltà. Le Superiore, sconcertate per il carattere straordinario dei fatti che si erano verificati durante il noviziato della Suora, erano decise a non tenerla in convento. Esse esitavano e dovettero rinunciare al loro progetto davanti alla vita esemplare della Suora. Durante tutta l'inchiesta, Suor Eugenia dette prova di una grande pazienza e di una docilità perfetta, sottomettendosi a tutti gli esami medici senza lamentarsi, rispondendo agli interrogatori, spesso lunghi e penosi, delle commissioni teologiche e mediche, accettando le contraddizioni e le prove. Tutti gli inquirenti hanno lodato soprattutto la suo semplicità. Molte circostanze hanno permesso anche di scoprire, che la Suora era capace di praticare la virtù ad un grado eroico, a testimonianza dei teologi, specialmente l'obbedienza nella inchiesta del Rev.do Padre Auguste Valensin, nel giugno 1934, e l'umiltà nella dolorosa giornata del 20 dicembre 1934. Nelle sue funzioni di Superiora Generale, posso attestare che l'ho trovata molto impegnata nel suo dovere di stato, dedicandosi al suo compito - che doveva tuttavia sembrarle tanto più difficile, poiché non vi era preparata - con grande amore per le anime, per la sua Congregazione e per la Chiesa. Quelli che le vivono vicino sono colpiti, come lo sono io stesso, dalla sua forza d'animo in mezzo alle difficoltà. Non sono soltanto le virtù che mi impressionano, sono le qualità che la Madre rivela nell'esercizio dell'autorità che una Suora, poco istruita, arriva ad occupare la più alta funzione della sua Congregazione. C'è già in questo qualcosa di straordinario, e riguardo questo punto di vista l'inchiesta fatta dal mio Vicario Generale Mons. Guerry, il giorno dell'elezione, è forte e suggestiva. Le risposte delle capitolari, tutte, Superiore e delegate delle diverse missioni, hanno mostrato che sceglievano Madre Eugenia come Superiora Generale - nonostante la sua giovane età e gli ostacoli canonici che dovevano scartare normalmente l'idea della sua nomina - a causa delle sue qualità di giudizio, di equilibrio, di energia e di fermezza. La realtà sembra aver di gran lunga sorpassato la speranza che le elettrici ponevano in colei che sceglievano. Ciò che ho maggiormente notato in lei, è innanzitutto la sua intelligenza luminosa, viva, penetrante. Ho detto, che la sua istruzione era stata carente, giustamente per delle ragioni esterne, indipendenti da lei: la lunga malattia di sua madre l'aveva obbligata, giovanissima, a prendersi cura delle faccende di casa e a fare molto spesso delle assenze a scuola. Poi vi furono, fino alla sua entrata in convento, i duri anni della vita in fabbrica come operaia tessitrice. Nonostante queste lacune di base, le cui conseguenze si fanno sentire con evidenza nella sua composizione e nell'ortografia, Madre Eugenia fa numerose conferenze alla Comunità. Ha redatto, notevolmente lei stessa, le circolari alla sua Congregazione e i contratti conclusi con i municipi o consigli di amministrazione per gli istituti ospedalieri affidati alle Suore della sua Congregazione, N.D. des Apotres. Ha composto un lungo direttorio. Vede chiaro e giusto in una situazione, come in un caso di coscienza. Le sue direttive sono nette, precise, particolarmente pratiche. Conosce singolarmente ognuna delle sue 1400 figlie, con le loro attitudine e le loro virtù, ed è così capace per le nomine ai diversi compiti, di scegliere quelle che sono le più adatte. Ha ugualmente una conoscenza esatta, personale, dei bisogni, delle risorse della sua Congregazione, della situazione di ogni casa. Ha fatto la visita a tutte le sue missioni. Vogliamo sottolineare anche il suo spirito di lungimiranza. Ha preso tutte le disposizioni necessarie perché, nell'avvenire, ogni istituto ospedaliero o scolastico avesse le Suore diplomate delle quale ci sarà bisogno per vivere e svilupparsi. Infine, mi sembra specialmente interessante di far notare che: Madre Eugenia sembra dotata di un spirito di decisione, del senso del reale e di una volontà realizzatrice. In sei anni ha fatto 67 fondazioni e ha saputo portare dei miglioramenti ben utili nella Congregazione. Se metto in evidenza le sue qualità di intelligenza, di giudizio, di volontà, le sue attitudini di governo, è, perché esse mi sembrano tali da eliminare definitivamente tutte quelle ipotesi che si dovevano esaminare durante l'inchiesta, ma che erano impotenti a dare una spiegazione soddisfacente: ipotesi di allucinazione, di illusione, spiritismo, isterismo, delirio. La vita della Madre è una costante dimostrazione del suo equilibrio mentale e generale, e questo equilibrio sembra essere - perfino a degli sguardi osservatori - la nota dominante della sua personalità. Le altre ipotesi di suggestionabilità, di maneggiabilità, che avevano spinto gli inquirenti a domandarsi, se non fossero in presenza di una natura molto impressionabile, come uno specchio sfaccettato che subisce tutte le influenze e le suggestioni, sono state ugualmente rifiutate dalla realtà quotidiana. Madre Eugenia, benché dotata di una natura sensibile e di un temperamento emotivo, ha dato prova che non usava preferenze riguardo a nessuno e che, lungi dal lasciarsi influenzare dalle considerazioni umane, sapeva designare i suoi progetti, la sua attività, le sue realizzazioni e imporsi agli altri mediante la sua raggiante personalità. Un semplice racconto ne dirà di più che tutti gli apprezzamenti: l'indomani della sua elezione a Superiora Generale, dovette procedere ad alcune elezioni di superiore; ebbene, non esitò a sostituire una di quelle che avevano appena votato per lei: sbarcando in Egitto, questa Superiora locale apprese il suo cambiamento, notificata per via aerea. 2. Sull'oggetto della missione L'oggetto della missione che sarebbe stato affidato a Madre Eugenia è preciso e, dal punto di vista dottrinale, mi pare legittimo ed opportuno. Oggetto preciso: far conoscere ed onorare il PADRE, soprattutto con l'istituzione di una festa speciale, chiesta alla Chiesa. L'inchiesta ha stabilito, che una festa liturgica in onore del PADRE starebbe bene nella linea di tutto il culto cattolico, conforme al movimento tradizionale della preghiera cattolica, che è un'ascensione verso il PADRE, mediante il Figlio, nello Spirito Santo, come lo provano le orazioni della Messa e l'oblazione liturgica del PADRE nel Santo Sacrificio. D'altra parte, tuttavia, è di fatto, che non esiste nessuna festa speciale in onore del PADRE: la Trinità è onorata come tale, il Verbo e lo Spirito Santo sono onorati nella loro missione e le loro manifestazioni esteriori, solo il PADRE non ha una festa propria, che attirerebbe l'attenzione del popolo cristiano sulla sua Persona. Bisogna attribuire a questa assenza di una festa liturgica in suo onore questo fatto, che una inchiesta abbastanza estesa presso numerosi fedeli ha rivelato, nelle diversi classi sociali e perfino presso numerosi preti e religiosi: "Il PADRE non è conosciuto, non lo si prega, non si pensa a Lui". L'inquirente scopre anche, con stupore, che un gran numero di cristiani si allontanano dal PADRE perché vedono in Lui un giudice terribile. Preferiscono rivolgersi all'umanità del Cristo e, quanti domandano a Gesù di proteggerli contro la collera del PADRE! Una festa speciale avrebbe dunque come primo effetto di ristabilire l'ordine nella pietà di molti cristiani e di ricondurli alla consegna del Divin Salvatore: "Tutto ciò che chiederete al PADRE, nel mio nome..."; e ancora: "Ormai, voi pregherete così: PADRE nostro...". Una festa liturgica in onore del PADRE avrebbe anche l'effetto di elevare lo sguardo verso Colui che l'apostolo San Giacomo chiamava: "Il PADRE di Luce, dal quale ci vengono tutti i doni...". Abituerebbe le anime a considerare la Bontà divina, i benefici di Dio, la sua Provvidenza Paterna; certo, che questa Provvidenza è proprio quella di Dio Trinità; ed è per la sua natura Divina, comune alle Tre Persone, che Dio elargisce al mondo i tesori ineffabili della sua Misericordia infinita. Sembrerebbe dunque, a prima vista, che non ci sia nessuna ragione speciale di onorare il PADRE in particolare, tuttavia, non è forse il PADRE che ha mandato suo Figlio nel mondo? Se è sommamente giusto, rendere un culto al Figlio e allo Spirito Santo per le loro manifestazioni esteriori, sarebbe ugualmente giusto e doveroso, rendere grazie a Dio PADRE, come lo domandano i prefazi della Messa, per il dono che Egli ci ha fatto di suo Figlio? L'oggetto proprio di questa festa speciale risulta così in maniera netta: onorare il PADRE, ringraziarlo, lodarlo per averci dato suo Figlio. In una parola, come dice esattamente il 'Messaggio': quale Autore della Redenzione. Rendere grazie a Colui che ha tanto amato il mondo da dare il suo unico Figlio, affinché tutti gli uomini, riuniti nel Corpo Mistico del Cristo, riassumano questo Figlio, divengano figli in Lui. Nel momento in cui il mondo smarrito dalle dottrine del laicismo, dell'ateismo e delle filosofie moderne non conosce più Dio - il vero Dio - questa festa, non farebbe conoscere a molti il PADRE vivente che Gesù ci ha rivelato, il PADRE di misericordia e di bontà? Non contribuirebbe ad accrescere il numero di quegli adoratori del PADRE "in Spirito e Verità" che Gesù ha annunciato? Nel momento in cui il mondo dilaniato dalle guerre micidiali va provando il bisogno di cercare un principio solido di unione, per un ravvicinamento tra i popoli, non porterebbe questa festa una grande luce, insegnando agli uomini che essi hanno tutti nel Cielo lo stesso PADRE: Colui che Gesù ha loro rivelato e verso il quale li conduce, come membri del suo Corpo Mistico, nell'unità dello stesso Spirito d'Amore! Nel momento in cui tante anime sfinite o stanche dalle prove della guerra potrebbero essere avide di volgersi verso una vita interiore profonda, non è questa festa capace di chiamarle "dal di dentro" per adorare il PADRE che è nel segreto, e per offrirsi in una oblazione filiale e generosa al PADRE, Sorgente unica della Vita nella Trinità Santa in loro? Una tale festa, non conserverebbe un attraente stimolo di vita soprannaturale che trascina logicamente le anime verso la semplicità spirituale e la vita filiale verso il PADRE, mediante la confidenza, l'abbandono alla Volontà Divina e lo Spirito di fede? Inoltre, distinto da questa questione di una festa speciale, e qualunque sia la decisione della Chiesa su questo punto, vi è un problema di dottrina che si pone. Illustri teologi ritengono, che la dottrina dei rapporti dell'anima con la Santissima Trinità chiede di essere approfondita, e che essa potrebbe essere per le anime una sorgente di luce: - sulla vita di unione con il PADRE e il Figlio, di cui parla San Giovanni; - sulla partecipazione alla vita di Gesù, Figlio del PADRE, mediante una comune disposizione del Cristo - particolarmente al suo Amore filiale verso il PADRE - intima del suo Cuore. Qualunque cosa ne sia di questi problemi teologici, ciò che voglio sottolineare qui è questo fatto: una povera ignorante in teologia dichiara, di avere comunicazioni Divine che potrebbero essere molto ricche di dottrina. Le costruzioni immaginarie di una visionaria sono povere, sterili, incoerenti. Al contrario, il Messaggio che la Madre Eugenia dice esserle stato affidato dal PADRE è fecondo, con un intreccio armonioso di due caratteri che lo rendono più sicuro: 1. Da una parte esso si presenta come tradizionale nella Chiesa, senza un aspetto di novità, che potrebbe farlo tacciare di sospetto, poiché esso ripete incessantemente, che è stato detto già tutto dalla Rivelazione del Cristo su suo PADRE e, che tutto è nel Vangelo. 2. Ma, d'altra parte dichiara, che questa grande Verità, sulla conoscenza del PADRE, chiede di essere ripensata, approfondita, vissuta. La sproporzione tra la debolezza dello strumento - incapace esso stesso di scoprire una dottrina di questa natura - e la profondità del Messaggio che la Suora porta, non lascia intravedere, che un'altra causa superiore, soprannaturale, Divina, è intervenuta per affidarle questo Messaggio? Io non vedo come, umanamente, si potrebbe spiegare la scoperta da parte della Suora, di una idea di cui i teologi esaminatori hanno intravisto soltanto a poco a poco l'originalità e la fecondità. Un altro fatto mi sembra ugualmente molto suggestivo: quando Suor Eugenia ha annunciato che aveva avuto delle apparizioni del PADRE, i teologi esaminatori le hanno replicato che le apparizioni del PADRE erano in se stesse impossibili, che esse non erano mai accadute nella storia. A queste obiezioni la Suora ha resistito, dichiarando semplicemente: "Il PADRE mi ha detto di descrivere quello che io vedevo. Egli chiede ai suoi figli teologi di cercare". La Suora non ha mai cambiato niente nelle sue spiegazioni, ha mantenuto le sue affermazioni durante i lunghi mesi. Fu solo nel gennaio 1934, che i teologi scoprirono, in San Tommaso d'Aquino stesso, la risposta all'obiezione che essi facevano. La risposta del grande dottore, sulla distinzione tra l'apparizione e la missione, fu luminosa. Essa tolse l'ostacolo che paralizzava tutta l'inchiesta. Contro sapienti teologi, la piccola ignorante aveva avuto ragione. A questo punto, come spiegare ancora umanamente la luce, la saggezza, la perseveranza della Suora? Una falsa visionaria avrebbe cercato di adattarsi alle spiegazioni dei teologi. La Suora ha tenuto fermo; ecco le nuove ragioni per le quali la sua testimonianza ci sembra degna di essere appoggiata con fiducia. In ogni caso, ciò che mi sembra degno di nota è questo atteggiamento di riserbo riguardo al meraviglioso. Mentre le false mistiche le fanno passare in primo piano, anzi non vedono che le cose straordinarie. Queste, nel caso della Suora, sono messe in secondo piano, a titolo di prove e di mezzi. C'è un'assenza di esaltazione, un equilibrio di valori che fanno buona impressione. Dell'inchiesta dei teologi dirò solo poche cose: I Reverendi Padri Albert e Auguste Valensin sono stimati per la loro autorità filosofica e teologica, ed anche per la loro conoscenza della vita spirituale. Essi avevano dovuto intervenire già in altre circostanze per fatti dello stesso genere, che erano stati sottomessi al loro esame come questa volta. Sappiamo che l'avevano fatto con molta prudenza. Questi sono le ragioni che li avevano designati alla nostra scelta. Siamo loro riconoscenti per una collaborazione che fu devota e veramente coscienziosa. La loro testimonianza a favore della Suora e a favore di una spiegazione soprannaturale dei fatti nel loro insieme ha tanto più valore, perché hanno indugiato per tanto tempo, dapprima ostili e scettici, poi esitanti. Si sono convinti a poco a poco, dopo aver sollevato ogni tipo di obiezione e imposto alla Suora dure prove.



CONCLUSIONI

Secondo la mia anima e la mia coscienza, con senso vivissimo della mia responsabilità davanti alla Chiesa, dichiaro: che l'intervento so rannaturale e Divino mi sembra il solo capace di dare, dall'insieme dei fatti, una spiegazione logica e soddisfacente. Libero di tutto ciò che lo circonda, questo fatto essenziale mi sembra pieno di nobiltà, di elevazione, di fecondità soprannaturale. Un'umile religiosa ha richiamato le anime al vero culto, quello del PADRE, tale come Gesù l'ha insegnato e come la Chiesa l'ha fissato nella liturgia. Non vi è in questo niente di allarmante, niente altro che di molto puro e conforme ad una solida dottrina. I fatti meravigliosi che accompagnano questo Messaggio potrebbero essere dissociati dall'avvenimento centrale, che questo Messaggio conserverebbe tutto il suo valore. La Chiesa dirà, se l'idea della festa speciale può essere presa in considerazione, prescindendo dal fatto particolare della Suora, e per delle ragioni dottrinali. Io credo, che la grande prova dell'autenticità della missione della Suora ci è fornita dalla maniera, in cui lei applica alla sua vita reale la bella dottrina che sarebbe venuta a ricordare. Io reputo, che conviene di lasciarla continuare la sua opera. Credo, che c'è là il dito di Dio e, dopo dieci anni di ricerca, di riflessione e di preghiera, benedico il PADRE di essersi degnato di scegliere la mia diocesi come luogo di manifestazioni così toccanti del suo Amore.

ALEXANDER CAILLOT Vescovo di Grenoble



IL PADRE PARLA AI SUOI FIGLI



Presentazione



"Dio è mio Padre!": è questo il grido che oggi si fa sempre più frequente nel mondo, gli uomini riconoscono Dio come Padre.



Sentiamo perciò il dovere di dare alla stampa questo messaggio che Dio Padre ha donato al mondo per mezzo di una creatura che tanto Lo ha amato, Suor Eugenia Elisabetta Ravasio, Messaggio riconosciuto valido dalla Chiesa.

Ci è parso opportuno pubblicare anche la testimonianza che S.E. Mons. Alexandre Caillot, Vescovo di Grenoble, ha fornito a conclusione dei lavori della Commissione di esperti convocati da varie parti della Francia per il processo diocesano da lui stesso avviato nel 1932 e che durò dieci anni.

Fra gli altri fecero parte della commissione: il Vicario del Vescovo di Grenoble Mons. Guerry, teologo; i fratelli gesuiti Alberto e Augusto Valencin, tra le massime autorità in campo filosofico e teologico ed esperti in valutazione di casi simili; due dottori in medicina, uno dei quali psichiatra.

Affidiamo alla Vergine Maria la diffusione di questo Messaggio e con Lei invochiamo lo Spirito Santo perchè aiuti gli uomini a comprendere e a riconoscere la profonda tenerezza che il Padre nutre per ogni uomo.

Padre Andrea D'Ascanio o.f.m. capp.





Brevi cenni sulla vita di Madre Eugenia Elisabetta Ravasio



Chi era Madre Eugenia? Chi era questa creatura che il Padre chiamava "la figlia prediletta ... la mia pianticella"?

Riteniamo che Madre Eugenia sia stata una delle più grandi Luci di questi tempi: il piccolo profeta di una Chiesa nuova, in cui il Padre è al centro e al vertice di ogni fede e l'unità è il massimo ideale di ogni spiritualità. E' la luce che il Padre ha donato al mondo in questo tempo di caos e di buio perchè si conosca la via da seguire.

Nacque a San Gervasio d'Adda (ora Capriate San Gervasio), piccolo centro in provincia di Bergamo, il 4 settembre 1907, da famiglia di origini contadine.

Frequentò solo la scuola elementare e dopo alcuni anni di lavoro in fabbrica entrò a vent'anni nella Congregazione di Nostra Signora degli Apostoli, ove si sviluppò la sua grande personalità carismatica che la fece eleggere, a soli 25 anni, Madre Generale della Congregazione stessa. Ma, prescindendo dalla sua dimensione di spirito, per farla entrare nella Storia basterebbe la sua azione in campo sociale: in dodici anni di attività missionaria ella aprì oltre settanta centri - con infermeria, scuola, chiesa - nei luoghi più abbandonati dell'Africa, dell'Asia e dell'Europa.

Scoprì la prima medicina per curare la lebbra, ricavandola dal seme di una pianta tropicale, medicina poi studiata ed elaborata dall'Istituto Pasteur di Parigi.

Lanciò nell'apostolato Raoul Follereau, che sulla scia e sulle basi da lei poste viene considerato l'apostolo dei lebbrosi.

Progettò e realizzò ad Azoptè (in Costa d'Avorio), negli anni 1939-41, la "Città dei Lebbrosi": un immenso centro di raccolta per questi malati, articolato su una superficie di 200.000 metri quadri e che tuttora resta un centro d'avanguardia in Africa e nel mondo. Per questa realizzazione la Francia concesse alla Congregazione delle Suore Missionarie di Nostra Signora degli Apostoli - di cui Madre Eugenia era stata Superiora generale dal 1935 al 1947 - la massima onoreficenza nazionale per opere a carattere sociale.

Madre Eugenia è tornata al Padre il 10 agosto 1990. La cosa più importante che ella ci ha lasciato è il Messaggio che qui presentiamo ("Il Padre parla ai Suoi figli"), l'unica rivelazione fatta personalmente da Dio Padre e riconosciuta autentica dalla Chiesa dopo dieci anni di rigorosissimi esami. E' degno di nota il fatto che il Padre - nel 1932 - dettò a Madre Eugenia il Messaggio in latino, lingua a lei totalmente sconosciuta. nel 1981 siamo riusciti ad avere - in modo miracoloso - tale messaggio e nel 1982 - 50° anniversario - lo abbiamo pubblicato in lingua italiana.

I tanti prodigi di Grazia che da esso sono scaturiti ci hanno spinti a diffonderlo gratuitamente, specialmente nelle carceri, nelle caserme, negli ospedali. grazie ai collaboratori che il Signore ci ha donato abbiamo potuto curare la stampa in francese, inglese, tedesco, spagnolo, albanese. Sono in elaborazione l'edizioni polacca, cinese, giapponese, araba ed altre.

Ecco ora, prima del Messaggio, la Testimonianza di S.E. Mons. Alexandre Caillot, Vescovo di Grenoble.

Pace e Bene a Voi.





Testimonianza del Vescovo di Grenoble, S.E. Mons. Caillot, a conclusione dell'inchiesta canonica, condotta in merito a Madre Eugenia



Sono passati dieci anni da quando, come Vescovo di Grenoble, ho deciso l'apertura di un'inchiesta sul caso di Madre Eugenia. Possiedo ora elementi sufficienti per portare alla Chiesa la mia testimonianza di Vescovo.



1. Una prima certezza si pone in piena luce dall'inchiesta: quella delle solide virtù di Madre Eugenia.

Fin dai primi tempi della sua vita religiosa la Suora aveva attirato l'attenzione delle Superiore per la sua pietà, la sua obbedienza, la sua umiltà.

Le Superiore, turbate dal carattere straordinario dei fatti che si erano verificati durante il suo noviziato, erano intenzionate a non tenerla in convento. Esse esitarono e dovettero rinunciare al loro progetto, data la vita esemplare della Suora.

Durante l'inchiesta, Suor Eugenia dette prova di grande pazienza e di perfetta docilità, sottomettendosi a tutti gli esami medici senza lamentarsi, rispondendo agli interrogatori, spesso lunghi e penosi, delle Commissioni teologiche e mediche, accettando le contraddizioni e le prove.

Tutti gli inquirenti hanno lodato soprattutto la sua semplicità.

Parecchie circostanze hanno permesso anche di scoprire che la Suora era capace di praticare le virtù in modo eroico, come testimoniano i teologi, specialmente l'obbedienza nel corso dell'inchiesta del rev. p. Auguste Valencin, nel giugno 1934, e l'umiltà, come nella dolorosa giornata del 20 dicembre 1934.

Per quanto riguarda le sue funzioni di Superiora Generale, posso attestare che l'ho trovata molto dedita al dovere, consacrata al suo compito - che doveva tuttavia sembrarle molto più difficile poichè non vi era preparata - piena di grande amore per le anime, la sua Congregazione e la Chiesa. Quelli che le vivono vicino sono colpiti, come lo sono io stesso, dalla sua forza d'animo nelle difficoltà.

Non sono soltanto le virtù che mi impressionano, sono le qualità che la Madre rivela nell'esercizio dell'autorità ed il fatto che una suora, poco istruita giunga ad essere designata per la più alta funzione della sua Congregazione. C'è già in questo qualcosa di straordinario e, da questo punto di vista, l'inchiesta fatta dal mio Vicario Generale Mons. Guerry il giorno dell'elezione è molto suggestiva. Le risposte delle capitolari, tutte, superiori e delegate delle diverse missioni, hanno mostrato che - nonostante la giovane età della candidata e gli ostacoli canonici che normalmente avrebbero indotto a scartare la sua nomina - esse sceglievano Suor Eugenia come Superiora Generale in considerazione delle sue qualità di giudizio, di equilibrio, di energia e di fermezza. la realtà sembra aver di gran lunga sorpassato le aspettative che le elettrici ponevano in colei che esse designavano.

Ciò che ho maggiormente notato in lei è innanzi tutto la sua intelligenza luminosa, viva, penetrante. Ho detto che la sua istruzione era stata carente, ma ciò per delle ragioni estranee alla sua volontà: la lunga malattia di sua madre l'aveva obbligata, giovanissima, a prendersi cura della casa e a rimanere molto spesso assente dalla scuola. Seguirono poi, fino alla sua entrata in convento, i duri anni della vita in fabbrica come tessitrice. Nonostante queste lacune di base, le cui conseguenze sono evidenti nel suo modo di scrivere e nell'ortografia, Madre Eugenia tiene numerose conferenze alla sua Comunità. Da notare che ha redatto lei stessa le circolari alla sua congregazione e i contratti conclusi con i municipi o Consigli d'amministrazione per gli istituti ospedalieri affidati alle Suore di Nostra Signora degli Apostoli. Ha composto un lungo direttorio.

Vede chiaro e giusto in ogni situazione, anche nei casi di coscienza. Le sue direttive sono nette, precise, particolarmente pratiche. Conosce singolarmente ognuna delle sue 1400 figlie, le loro attitudini e le loro virtù, e così, nell'attribuire i diversi compiti, riesce a scegliere quelle tra loro che sono le più qualificate. Ha anche una esatta e personale conoscenza dei bisogni, delle risorse della sua Congregazione e della situazione di ogni casa. Ha visitato tutte le sue missioni.

Vogliamo sottolineare anche il suo spirito di lungimiranza. Ella ha adottato tutte le disposizioni necessarie perchè nell'avvenire ogni Istituto ospedaliero o scolastico abbia le suore diplomate e quanto occorre per vivere e svilupparsi. Infine mi sembra particolarmente interessante far notare: Madre Eugenia sembra dotata di spirito di decisione, realismo e volontà realizzatrice. In sei anni ha dato vita a 67 fondazioni e ha saputo apportare dei miglioramenti veramente utili alla Congregazione.

Se metto in evidenza le sue qualità di intelligenza, di giudizio, di volontà, le sue attitudini di amministrazione, è perchè esse mi sembrano tali da fugare definitivamente tutte le ipotesi formulate nel corso dell'inchiesta e risultate quindi insoddisfacenti e insostenibili: ipotesi di allucinazione, di illusione, spiritismo, isterismo, delirio.

La vita della Madre è una costante conferma e manifestazione del suo equilibrio mentale e generale e, anche agli stretti osservatori, questo equilibrio sembra essere la nota dominante della sua personalità. Le altre ipotesi di suggestionabilità, di maneggiabilità, che avevano spinto gli inquirenti a domandarsi se non fossero in presenza di una natura molto impressionabile, come uno specchio sfaccettato che risente di tutte le influenze e le suggestioni, sono state ugualmente smentite dalla realtà quotidiana. Madre Eugenia, benchè dotata di una natura sensibile e di un temperamento emotivo, ha dato prova che non usava preferenze riguardo a nessuno, e che, lungi dal lasciarsi influenzare dalle considerazioni umane, sapeva sostenere i suoi progetti, la sua attività, le sue realizzazioni e imporsi agli altri per il suo fascino personale. Un semplice racconto val più che ogni apprezzamento: l'indomani della sua elezione a Superiora Generale ella dovette procedere alla nomina di alcune Superiore; ebbene, non esitò a sostituirne una che pur aveva votato per lei e che, sbarcando in Egitto, apprese la revoca dell'incarico notificatole per via aerea.



2. Sull'oggetto della Missione:

L'oggetto della Missione che sarebbe stato affidato a Madre Eugenia è preciso, e, dal punto di vista dottrinale, mi pare legittimo ed opportuno.

Oggetto preciso: far conoscere ed onorare il Padre, soprattutto con l'istituzione di una festa speciale, chiesta alla Chiesa. L'inchiesta ha stabilito che una festa liturgica in onore del Padre ben si collocherebbe nella linea di tutto il culto cattolico, conforme al movimento tradizionale della preghiera cattolica, che è un'ascensione verso il Padre, mediante il Figlio, nello Spirito, come lo provano le orazioni della Messa e l'oblazione liturgica al Padre nel Santo Sacrificio. D'altra parte, tuttavia, è strano che non esiste nessuna festa speciale in onore del Padre: la Trinità è onorata come tale, il verbo e lo Spirito Santo sono onorati nella loro missione e nelle loro manifestazioni esteriori, solo il Padre non ha una festa propria, che attirerebbe l'attenzione del popolo cristiano sulla sua Persona. Come risulta da una inchiesta abbastanza estesa compiuta presso numerosi fedeli delle diverse classi sociali e perfino presso numerosi preti e religioni, questa assenza di una festa liturgica in Suo onore è attribuibile al fatto che: "il Padre non è conosciuto, non lo si prega, non si pensa a Lui". Chi ha condotto la ricerca scopre anche, con stupore, che un gran numero di cristiani si allontanano dal Padre perchè vedono in Lui un Giudice terribile. Preferiscono rivolgersi all'umanità del Cristo, e quanti domandano a Gesù di proteggerli contro la collera del Padre!

Una festa speciale avrebbe dunque come primo effetto di ristabilire l'ordine nella pietà di molti cristiani e di ricondurli alla consegna del divin Salvatore: "Tutto ciò che chiederete al Padre, nel mio nome ...", e ancora: "Voi dunque, pregerete così: Padre nostro ...".

Nello stesso tempo, una festa liturgica in onore del Padre li aiuterebbe anche ad elevare lo sguardo verso Colui che l'apostolo san Giacomo chiamava: "Il Padre di Luce, dal quale ci vengono tutti i doni ...". Abituerebbe le anime a considerare la Bontà divina, i benefici di Dio, la sua Provvidenza paterna, e che questa Provvidenza è proprio quella di Dio Trinità; ed è per la sua natura divina, comune alle tre Persone, che Dio spande sul mondo i tesori ineffabili della sua Misericordia infinita.

Sembrerebbe dunque, a prima vista, che non ci sia nessuna ragione speciale per onorare il Padre in particolare, tuttavia, non è forse il Padre che ha mandato Suo Figlio nel mondo? Se è sommamente giusto rendere un culto al Figlio e allo Spirito, per le loro manifestazioni esteriori, non sarebbe giusto e doveroso rendere grazie a Dio Padre, come lo domandano i prefazi della Messa, per il dono che Egli ci ha fatto di Suo Figlio?

L'oggetto proprio di questa festa speciale si delinea allora in maniera netta: onorare il Padre, ringraziarLo, lodarLo per averci dato Suo Figlio; in una parola, come dice esattamente il Messaggio, onorarLo, ringraziarLo e lodarLo quale Autore della Redenzione. Rendere grazie a Colui che ha tanto amato il mondo da dare il Suo unico Figlio perchè tutti gli uomini, riuniti nel Corpo Mistico del Cristo, in questo Figlio, divengano figli in Lui. Nel momento in cui il mondo, turbato dalle dottrine del laicismo, dell'ateismo e delle filosofie moderne, non conosce più Dio, il vero Dio, questa festa non farebbe conoscere a molti il Padre vivente che Gesù ci ha rivelato, il Padre di misericordia e di bontà? Non contribuirebbe ad accrescere il numero di quegli adoratori del Padre "in spirito e verità" che

Gesù ha annunciato? Nel momento in cui il mondo, sconvolto dalle guerre micidiali, va provando il bisogno di cercare un principio solido di unione, per un riavvicinamento tra i popoli, questa festa porterebbe una grande luce, insegnando agli uomini che essi hanno tutti nel cielo lo stesso Padre: Colui che ha donato loro Gesù, verso il quale li attira, come membra del suo Corpo Mistico, nell'unità dello stesso Spirito d'Amore! Nel momento in cui tante anime, sfinite o stanche dalle prove della guerra, potrebbero bramare di volgersi verso una vita interiore profonda, non sarebbe questa festa capace di muoverle "dal di dentro", per adorare il Padre che è nel segreto, e per offrirsi in una oblazione filiale e generosa al Padre, sorgente unica della vita della Trinità Santa in loro? Una tale festa non conserverebbe il bel movimento di vita soprannaturale che trascina logicamente le anime verso l'infanzia spirituale e verso la vita filiate con il Padre, mediante la confidenza, l'abbandono alla Volontà Divina, lo spirito di fede?

D'altra parte, distinto da questa questione di una festa speciale e qualunque sia la decisione della Chiesa su questo punto, vi è un problema di dottrina che si pone. Illustri teologi pensano che la dottrina dei rapporti dell'anima con la Trinità debba essere approfondita e che essa potrebbe essere, per le anime, una sorgente di luce sulla vita di unione tra il Padre ed il Figlio, di cui parla S. Giovanni, e sulla partecipazione alla vita di Gesù, Figlio del Padre, e specialmente al suo amore filiale per Lui.

Qualunque cosa ne sia di questi problemi teologici, ciò che voglio qui sottolineare, è questo fatto: una povera ignorante in teologia dichiara di avere comunicazioni divine, che potrebbero essere molto ricche di dottrina.

Le costruzioni immaginarie di una visionaria sono povere, sterili, incoerenti. Al contrario, il Messaggio che Madre Eugenia dice esserle stato affidato dal Padre è fecondo, contrassegnato da un incrocio armonioso di due caratteri che lo rendono più sicuro: da una parte esso si pone nella tradizione della Chiesa, senza un aspetto di novità che potrebbe farlo tracciare di sospetto, poichè esso ripete incessantemente che è stato già detto tutto, mediante la rivelazione del Cristo su Suo Padre, e che tutto è nel Vangelo. Ma, d'altra parte esso rende chiaro che questa grande Verità, sulla conoscenza del Padre, necessita di essere ripensata, approfondita, vissuta.

La sproporzione tra la debolezza dello strumento - incapace esso stesso di scoprire una dottrina di questa natura - e la profondità del Messaggio che la Suora trasmette, non lascia intravedere che un'altra causa superiore, soprannaturale, divina è intervenuta per affidarle questo Messaggio?

Io non vedo come, umanamente, si potrebbe spiegare la scoperta, da parte della Suora, di un'idea di cui gli inquisitori teologi hanno intravisto soltanto a poco a poco l'originalità e la fecondità.

Un altro fatto mi sembra ugualmente molto suggestivo: quando Suor Eugenia ha annunciato che aveva avuto delle apparizioni del Padre, gli inquisitori teologi le hanno replicato che le apparizioni del Padre erano in se stesse impossibili, che esse non si erano mai verificate nella storia; a queste obiezioni la Suora ha resistito, dichiarando semplicemente:"Il Padre mi ha detto di descrivere quello che io vedevo. Egli chiede ai suoi figli teologi di cercare". La Suora non ha mai cambiato niente nelle sue spiegazioni, ha ribadito le sue affermazioni per lunghi mesi. Fu solo nel gennaio 1934 che i teologi, nello stesso s. Tommaso d'Aquino, la risposta all'obiezione che essi sollevavano.

La risposta del grande dottore, sulla distinzione tra l'apparizione e la missione, fu luminosa. Essa superò l'ostacolo che paralizzava tutta l'inchiesta. Contro sapienti teologi, la piccola ignorante aveva avuto ragione. Come spiegare umanamente, anche in questo caso, la luce, la saggezza, la perseveranza della Suora? Una falsa visionaria avrebbe cercato di adattarsi alle spiegazioni dei teologi. La Suora ha tenuto duro; ecco le nuove ragioni per le quali la sua testimonianza ci sembra degna di essere sostenuta con fiducia.

In ogni caso, ciò che mi sembra degno di nota è questo atteggiamento di riservo assunto a riguardo del meraviglioso. Mentre le false mistiche fanno passare in primo piano, anzi non vedono che le cose straordinarie, queste sono, nel caso della Suora, messe in secondo piano, a titolo di prove e di mezzi. C'è un'assenza di esaltazione, un equilibrio di valori che fanno buona impressione.

Dell'inchiesta dei teologi dirò solo poche cose. I reverendi pp. Alberto e Augusto Valencin sono stimati per la loro conoscenza nel campo della vita spirituale. Già in altre circostanze essi hanno dovuto intervenire per fatti del genere di quelli sottomessi, questa volta, al loro esame.

Sappiamo che l'avevano fatto con molta prudenza. Queste sono le ragioni per cui, nella nostra scelta, abbiamo designato loro.

Siamo loro riconoscenti per una collaborazione che fu devota e veramente coscienziosa. La loro testimonianza a favore della Suora e a credito di una spiegazione soprannaturale dei fatti nel loro insieme ha ancor più valore in quanto essi, per tanto tempo, avevano indugiato, dapprima ostili e scettici, poi esitanti. Si sono convinti poco a poco, dopo aver sollevato ogni tipo di obiezione e imposto alla Suora delle dure prove.



C o n c l u s i o n i



Secondo la mia anima e la mia coscienza, con vivissimo senso della mia responsabilità davanti alla Chiesa, dichiaro:

che l'intervento soprannaturale e divino mi sembra il solo capace di dare una spiegazione logica e soddisfacente all'insieme dei fatti.

Privo di tutto ciò che lo circonda, questo fatto essenziale mi sembra pieno di nobiltà, di elevazione, di fecondità soprannaturale.

Un'umile religiosa ha richiamato le anime al vero culto, quello del Padre, tale come Gesù lo ha insegnato e come la Chiesa l'ha fissato nella sua liturgia. Non c'è in questo niente di allarmante, niente altro che di molto semplice e conforme ad una solida dottrina.

I fatti meravigliosi che accompagnano questo messaggio potrebbero essere dissociati da quell'avvenimento centrale e questo conserverebbe tutto il suo valore. La Chiesa dirà se l'idea della Festa speciale può essere accolta al di là del fatto particolare legato alla Suora, e per delle ragioni dottrinali.

Io credo che la grande prova dell'autenticità della Missione della Suora ci è fornita dal modo in cui le applica alla vita reale la bella dottrina che ella sarebbe venuta a ricordare. Reputo conveniente lasciarle continuare la sua opera. Credo che lì ci sia il dito di Dio e, dopo dieci anni di ricerca, di riflessione e di preghiera, benedico il Padre di essersi degnato di scegliere la mia diocesi, come luogo di manifestazioni così toccanti del suo Amore.



ALEXANDRE CAILLOT

Vescovo di Grenoble

all'epoca in cui è stato rivelato il Messaggio





DIO IL PADRE




ÍNDICE