MADRE EUGENIA

Chi è Madre Eugenia?

Nata nel 1907 a San Gervasio d'Adda (BG) da mamma Felicita Magni e papà Carlo Ravasio, una famiglia modesta. La mamma, spaventata per l'improvviso crollo finanziario familiare dovuto al fallimento della Banca, dà alla luce la bambina al sesto mese di gravidanza. Il dottore, solo guardandola, dice: "Occupiamoci della mamma, tanto la bambina non può sopravvivere". La mamma di conseguenza è rimasta allettata per sette anni. C'è disagio in quella famiglia! Tutti uomini in casa. Perciò la situazione diventa più difficile. Degli otto fratelli - Teresa, la primogenita, sposata in un paese vicino, Luigi, Lorenzo, Giovanna deceduta a due anni, Giovanni, Angelo, Francesco - Elisabetta, chiamata graziosamente Bettina in famiglia, è la più piccola. Nonno Piero, molto pio, sembra il 'capo-tribù' quando, ogni mattina presto prima di andare a messa, intona l'Angelus ad alta voce facendosi seguire da tutta la 'nidiata' per iniziare la giornata nel nome del Signore. La bambina non muore secondo il previsto, ma a quattro anni è ancora minuscola, né parla, né cammina. Perciò nonno Piero decide di andare a piedi al Santuario della Madonna di Varese e chiedere la grazia per la sua nipotina, con la preghiera di guarirla o di prenderla con Sé. Nell'ora in cui il nonno arriva al Santuario, ed era prestissimo, Bettina si alza presa per mano da una bellissima Signora che l'aiuta a vestirsi e le dice di andare a farsi vedere dai genitori. Questi intuendo il miracolo, tra la meraviglia e la gioia, ringraziano la Madonna. Quando più grandina la portano al Santuario della Madonna in pellegrinaggio di ringraziamento, Bettina vede la Statua della Madonna ed esclama: "Ecco la bella Signora che mi ha vestito!". Intanto cresce serbando tutto nel suo cuore. Già tanto piccola conosce gli inevitabili stenti della situazione familiare. Assolve i doveri di casa e con tutto il freddo va a lavare le calze dei fratelli nell'acqua dell'Adda. Così in tanta sofferenza cresce ben temprata. Tutti sono lontani dall'immaginare il piano di Dio su di lei che l'arruola tanto vicino a Sé sul cammino della Croce. Nonno Piero, vedendola già carica degli oneri di una persona adulta, cerca di starle vicino dandole tutto il suo affetto e ciò che ha di più caro e prezioso: la Fede, comunicandogliela man mano nella vita, perché la sua piccola in tanto fluttuare abbia un'àncora di salvezza. Elisabetta si ricorda ancora il suo nonno con le braccia aperte davanti all'immagine del Sacro Cuore che prega: "Gesù a questa bambina pensateci Voi!". Tutto ciò stabilisce un rapporto confidenziale tra la Bettina e i suoi protettori. Gli insegnamenti del nonno sono per Bettina come il seme caduto in terreno fertile e ben curato. Un giorno il nonno le disse indicando l'Adda: "Guarda l'acqua come scorre e va via, domani non è più quella, se si fermasse sarebbe un ristagno di acqua putrida. Così è per le tue sofferenze, le tue lacrime e le tue lotte: ci sono e passano; guardati bene dal tenerle ferme. Tutto passa! Offri tutto a Dio e accetta ogni giorno la Sua Volontà. Non guardare la persona dalla quale ti viene la sofferenza, prendila dalle Sue mani, niente viene a caso, Dio segue passo per passo le sue creature. Lui sì che ci vuole bene, anche se noi non capiamo tutti i perché. Fatti coraggio, vai sempre avanti e aspetta che la sofferenza passi!". Elisabetta fa tesoro di questi insegnamenti: è il suo caro nonno che parla. Ancora oggi ripete queste parole emblematiche: "Aspetto che passi e intanto canto". A dodici anni va in fabbrica di tessitura fino a vent'anni: Ed ecco l'ora desiderata: è decisa di farsi missionaria contro ogni impedimento. Quel giorno del 1927 durante la celebrazione della festa di Cristo Re, il Parroco, don Benigno Carrara, nella sua predica dice: "Il Re ha scelto la sua Regina, Bettina Ravasio parte per farsi missionaria sulle orme di Cristo". "Eccomi, io vengo o PADRE, per fare la Tua Volontà!". In convento, Ist. N.D. des Apotres, oltre a tantissime difficoltà, incontra anche la delusione. Certo non si può pretendere che tutti siano già santi solo perché si sta in convento, santi si diventa lottando e man mano conquistando la crescita nella Grazia del Signore. Ma lei ha ben capito che non bisogna giudicare; che bisogna stare uniti a Dio, osservando il regolamento senza guardarsi attorno, cioè se gli altri sono osservanti o meno; ciascuno si trova da solo a rispondere davanti a Dio con le proprie responsabilità. È ben convinta che deve guardare gli altri solo per essere caritatevole e aiutarli nei loro bisogni. Pensa che Dio non manca a darle la sua forza, perciò si fa "coraggio e avanti". Inaspettatamente, ancora giovanissima, la incaricano maestra delle novizie; poi nel 1935 la eleggono Madre Generale. Il suo modo di agire è di una persona che confida illimitatamente in Dio, senza stare a misurare le sue forze e la sua capacità. Diverse circostanze non le avevano permesso di portare avanti la sua istruzione, che si ferma alla terza elementare. Ora si trova alle prese con diverse lingue, tanti impegni e tanti problemi. Dopo tanti anni ci dice: "Se ci penso a quegli anni! Se mi fossi fermata a pensare a quell'ònere!... Ma mi buttavo senza preoccuparmi, pensavo che Dio era con me, perciò andavo avanti nel compito che Egli mi aveva affidato". Veramente solo Lui ci ha messo le mani! E meno male che non ci pensava e si fidava solo di Dio, altrimenti si sarebbe trovata come San Pietro sulle acque, che appena comincia a pensarci inizia ad affondare! Chiunque l'avvicina si accorge della sua forza e di una certa facilità nel risolvere situazioni difficili con lungimiranza, chiarezza e decisione. Parlando di Madre Eugenia, Raoul Follereau dice, ammirando e lodando la sua alta personalità: "Madre Eugenia Elisabetta Ravasio è una donna eccezionale, per lei la parola impossibile non ha alcun significato". È un vulcano di iniziative; nel giro di poco tempo dà un impulso radicale all'Istituto, rinnovando di viva freschezza opere e Suore. Agisce con la massima rettitudine, senza farsi condizionare da compromessi, popolarità o minacce; senza paura di perdere la 'poltrona'. Dominata da vero Spirito evangelico, il "Sì, si, no, no" e vissuto anche nelle opere: decise, nette, spogli da tutti quei raggiri umani, che solitamente si mescolano nella vita della persona per portare avanti i propri punti di vista, giustificandoli col Vangelo 'alla lettera' ma vuoti di Spirito. Lei è libera di tutto questo. La sua è una luce alla cui presenza si scopre anche il pulviscolo. Apre noviziati in diverse nazioni precorrendo così le direttive del Concilio Vaticano Il, che parla di necessità a formare i giovani religiosi indigeni sul posto. Istituisce Province, e dove occorre, Regioni. Vi introduce corsi di aggiornamento e di specializzazione per Suore e Novizie, tanto che ognuna è in grado di affrontare il lavoro missionario e i vari problemi con professionalità. Il movente di questo nuovo pullulare di vita è la coscienza chiara che ha dello Spirito che dal profondo grida "Abba" PADRE (Rm 8,15), Autore della nuova Vita che Gesù ci ha riconquistato. Perciò l'agire deve rispecchiare nei figli un tale PADRE! "Siate perfetti come il PADRE vostro" (Mt 5,44-48). Lei è animata di amore materno, deciso e forte, derivato dalla Paternità Divina (Ef 3,14) e mette tutto il suo impegno per proteggere, curare, seguire i figli affinché non degenerino; veglia perché l'amore cresca, restituendo al PADRE figli veri, sigillati dal suo Amore. Per raggiungere lo scopo si serve di tutti i mezzi. Dopo i primi riassestamenti si ha un ampio respiro. Un entusiasmo nuovo si sprigiona da ognuno. Si vive la vera fraternità; è come una primavera, sui volti irradiati dal sole si coglie il sorriso e la gioia. Il Cardinale Gerlier di Lione, visitando la Comunità dice: "Vorrei che tutti noi fossimo come queste Suorine liete e unite: dovremmo portare qui i nostri seminaristi". Il suo sussidio è solo il Vangelo, infatti c'è scritto: "La mia Parola è sorgente di acqua Viva" (Gv 4,14). Anzi, lei sente il bisogno di comunicare la vita che ha dentro di sé, scrivendo anche, come di getto, vari libri secondo i bisogni e le varie circostanze. Sorridendo ci dice che nella prima pagina metteva tutti i segni della punteggiatura, aggiungendo: "Metteteli dove occorre, per l'ortografia pensateci voi perché non è compito mio". Invece nel latino, quando le capitava di scriverlo, non presentava errori, come testimonia un Sacerdote per uno scritto indirizzato a lui e consegnato da lei personalmente.



In terra di missione

Le apparenze sono fragili; chi si aspetta da una 'Suorina' esile e giovane un lavoro radicale di una potente ruspa? Così avvenne per il paternalismo esercitato da altri sulle sue Suore perché fondati dallo stesso Fondatore. Veniva loro spontaneo di credersi in diritto di adoperare le Suore con un ruolo di apostolato non appropriato, ma per la Madre Eugenia non è così: tutti gli uomini sono uguali davanti a Dio, tutti figli dello stesso PADRE, né colore, né razze, né ceti sociali, né sesso possono rendere qualcuno superiore ad un altro. Certamente ammette la sottomissione all'autorità, non perché la persona che l'esercita è superiore agli altri, ma perché "non c'è alcun potere che non venga dall'alto" (Gv 19,11); "questo comando ho ricevuto dal PADRE mio (Gv 10,18). Solo Dio detiene il potere, e Dio è Amore e lo adopera solo per il Bene. Quindi esercitare l'autorità è un servizio all'Autorità di Dio. Chiunque esercita questo potere, a qualunque titolo, deve servire il bene della persona e dell'umanità, non il proprio tornaconto, né si deve sentire superiore agli altri servendo la propria superbia. Ogni autorità bene esercitata è degna di rispetto in quanto è unita a Dio e serve il Bene. Apparentemente, per qualcuno che non 'sa' di Vangelo, lei potrebbe sembrare disobbediente e testarda, mentre in verità è perspicace, forte ed eroica nel compiere fino in fondo il proprio dovere di Cristiana e di Consacrata, senza compromessi, conciliazioni ambigue e rispetto umano, che non hanno a che fare con Dio: col suo Amore, con la sua Giustizia, col rispetto ad ogni suo figlio, ad ogni sua creatura. Questo atteggiamento scomoda certe abitudini, e viene protestato. Gli 'altri' si sentono forti perché gestiscono gli aiuti che Propaganda Fide invia per le Missioni. Non conoscono ancora lo stampo di questa giovane Madre Generale e, sorpresi, ricevono una risposta degna della sua personalità: "Siamo venuti per aiutare la Chiesa, non per farci mantenere", e confidando nella Provvidenza rifiuta ogni contributo che condiziona le sue Suore, rimettendole alla dignità del proprio apostolato. Si fa più forza e va avanti fiduciosa. Madre Eugenia osa tutto quando si tratta di difendere i diritti di Dio e dei suoi figli. Incontrando il Cardinale Fumasoni Biondi e riferendo le sue decisioni, questi le dice: "E come faranno le Suore a vivere senza i contributi di Propaganda Fide?". Lei, serena e sicura in Chi confida, risponde: "Ne avranno per loro e anche per aiutare gli altri", e così fu. Qualche anno dopo, visti i frutti, il Vicario Apostolico dice: "Madre Eugenia, in ogni processione vi è prima la Croce e poi la bandiera".



Madre dei lebbrosi

La sola guida di tutto il suo fervore è l'Amore di Dio; si può riscontrare nelle sue opere questa spinta, che non ha il metro umano per misurare né le sue possibilità, né le reazioni che si possono avere attorno a lei. Così avvenne quando nel 1939, in visita alle case dell'Africa nella Costa d'Avorio, incontrò i lebbrosi confinati in un'isola chiamata Désirée (Desiderata). Le persone del villagio, terrorizzate per questo male imperdonabile, li trasportano nell'isola dove non possono più fuggire, abbandonati in preda all'incurabile e mostruoso male, alla solitudine, alla disperazione. Ogni tanto, qualcuno dalla piroga a distanza butta loro dei viveri, ma fuggono subito via, né una parola di conforto, né una speranza: sono "maledetti". Riportiamo qualche stralcio di Giannina Facco dove descrive l'incontro di Madre Eugenia con i lebbrosi. "Un giorno Madre Eugenia, la Superiore Generale delle Suore di Nostra Signora degli Apostoli, arrivò nei pressi dell'isola con un idrovolante. Non era una turista in cerca di avventure, s'intende: le Suore mettono a servizio di Dio e degli uomini tutte le ore della loro vita. Quando la piroga ebbe raggiunto l'isola, i viaggiatori gridarono a Madre Eugenia di scendere in fretta e tornarono subito indietro. Si capiva che erano terrorizzati per la paura del contagio. La Madre Eugenia vide, ben nascoste tra le palme, miserabili baracche abitate dalle più infelici creature del mondo: i lebbrosi. Li interrogò con bontà, e seppe che l'avevano costruite gli ammalati stessi con le loro povere mani mutilate. Mangiavano quello che riuscivano a trovare e quello che qualcuno gettava a riva dalle piroghe. Nel viso avevano dipinta una disperazione che avrebbe avuto fine soltanto con la morte. - Che cosa vorreste? - chiese infine Madre Eugenia a quel gruppo d'infelici. - Parlate liberamente; c'è chi vi ama e vorrebbe aiutarvi. Negli occhi fissi su quella straniera, che mostrava di non temere il contagio, c'era stupore, ma non diffidenza. Madre Eugenia aveva un viso onesto e un'espressione addolorata. - Vi piacerebbe abitare in una piccola città tutta vostra? - Senza mura intorno? - azzardò un giovane sfigurato dal male. - Senza mura, s'intende, - replicò la Madre. - Ma non è possibile: la lebbra è contagiosa. Dobbiamo vivere isolati. Il mare ci tiene prigionieri; nessuno può andarsene da qui. Siamo condannati a morire soli. - Farò del mio meglio per darvi una mano, - cercò di assicurarli Madre Eugenia. - Non dovete disperare. Vi prometto che tornerò appena mi sarà possibile. Più tardi Madre Eugenia parlò dei lebbrosi alle sue Consorelle. Nessuna di loro trovò assurdo il progetto di aiutarli. Madre Eugenia spiegò loro con voce vibrante: - La loro città dovrebbe sorgere in mezzo alla foresta, in modo che i malati si sentano liberi. Ogni famiglia dovrebbe possedere una casetta e un pezzo di terra da coltivare; così i lebbrosi avrebbero l'impressione di vivere del loro lavoro. Naturalmente dovrebbero avere la radio, e il cinema e, perchè no? Vorrei anche che dedicassero un po' di tempo all'artigianato. - Lavoreremo tutte per quei poveretti. Ci conti, Madre. - Lo so. Il problema è un altro: trovare gli aiuti che occorrono". Sentiamo come Raoul Follereau racconta questo episodio nella sua autobiografia "La sola verità è amarsi Eccone qualche passo:



"Adzopé: città della Carità

1939 - LA COSTA D'AVORIO.

Un' isola ad altezza di Abijan. Un'isola sulla laguna, che niente distingueva dalle altre, con le sue grandi palme, la sua vegetazione lussureggiante. Un'isola che sembra fatta per la felicità, il riposo, la pace. Porta un nome attraente e dolce "Isola Desiderata". Malgrado ciò, quest'isola che sembra un paradiso è un luogo d'inferno. Quando le piroghe si avvicinano, i rematori girano la testa e se ne vanno di corsa. Perché l'isola è abitata da esseri maledetti. Segnati da orribili stigmate fuggono o si nascondono alla vostra vista. Le loro case? Misere baracche che hanno costruito con le loro povere mani mutilate. Il loro cibo? Ciò che trovano o che talvolta gettano loro. E quest'isola che sembrava promessa a tanta felicità risuona spesso di grida di odio e di disperazione. Perché l'isola Désirée è la prigione, il cimitero dei lebbrosi della Costa d'Avorio. Un giorno vi si posò l'aereo di Madre Eugenia, allora Superiora Generale delle Suore di Nostra Signora degli Apostoli. E quei miserabili sventurati, videro così scendere dal cielo la Missionaria della Carità. È tutta vestita di bianco, sorride e tende le mani. Parla loro, ascolta con orecchio paziente la loro triste storia; ciascuno mostra le sue piaghe, spiega la sua miseria. Ma come conciliare questa impressione di libertà con la servitù imposta allora dai regolamenti sanitari? La Missionaria ha escogitato un'idea geniale: La città dei lebbrosi sarà costruita in piena foresta vergine. Così questi infelici saranno isolati, come da una muraglia, ma non si sentiranno soffocati da essa. Potranno andare e venire a loro piacere nella città; avranno veramente l'impressione di essere liberi. In questa città Madre Eugenia vuole riunirli e dar loro una vita più vicina possibile alla norma. Ogni famiglia avrà la sua casetta e un pezzo di giardino da coltivare. Si insegneranno loro dei mestieri, si porteranno i passatempi di oggi: radio e cinema; sarà come una cittadina di un posto qualsiasi. Madre Eugenia sorride sempre, ma i suoi occhi ora sono pieni di lacrime. Allora nacque il progetto di costruire la città dei lebbrosi, dove vivranno come uomini e non come bestie. Avranno l'impressione della libertà, niente mura che limitino il loro cielo. Oggi può apparire semplice, data la scomparsa di stupidi pregiudizi e paure. Ma nel 1939 era un progetto rivoluzionario. Sembrava un sogno, un'utopia, una chimera. Questa donna era generosa, ma la sua Carità la spingeva all'impossibile!... Le Suore Missionarie entusiaste erano pronte a consacrarvi la loro vita con gioia. Ma ciò non bastava: bisognava procurarsi i mezzi materiali perché non restasse un sogno. Anch'io me ne incaricai vivacemente. Oggi a pensarci, mi sembra pazzesco: era una sfida, ma la loro Carità era contagiosa! e benedetta..."



Cenni su Raoul Follereau

Uomo intelligente, compie gli studi in modo brillante e ottiene alla Sorbona le licenze di lettere, filosofia e legge. Inoltre è poeta, giornalista ed oratore. A vent'anni tiene la prima conferenza all'"Hotel des Sociétés Savantes" sull'argomento: "Dio è Amore", cita Platone: "È l'amore che dona la pace agli uomini, la calma al mare, il silenzio al vento, la quiete al dolore" e termina: "Il cuore è la chiave del cielo". È un cristiano e un cattolico dichiarato, un credente esplicito e combattivo. Tuttavia, come tutti i 'profeti' nel mondo ecclesiastico, incontra più silenzi e velate riserve che adesioni. Agì sempre in nome proprio, prendendosi tutte le responsabilità senza sentire il senso di inferiorità nei confronti dei Religiosi. Non risparmiò critiche a certi ambienti ecclesiastici ufficiali, che badavano più alle forme che alla sostanza del Cristianesimo, più ai precetti che alla carità. Fu un laico unito in matrimonio e visse fedelmente il dono di questo sacramento. Furono Raoul e Madeleine insieme a vivere il Carisma di quest'opera di Carità. Egli dice: "La più grande fortuna della mia vita è mia moglie". Lo dirà anche uno dei suoi amici, R. Guerrini: "Questa compagna ideale, che l'ha accompagnato in tutti i suoi viaggi, è segretaria, confidente e anche consigliera illuminata. Discreta quanto modesta, era per così dire il suo 'angelo custode'. Sono persuaso che senza di lei non avrebbe potuto realizzare ciò che ha fatto". La Madre Eugenia ricordando Madeleine dice che era una donna dolce e buona di un largo sorriso, tutta rispetto e venerazione per suo marito. Cristiano e borghese, più tardi su questa linea, avverrà la scoperta traumatizzante e decisiva dei lebbrosi, del loro mondo crudelmente emarginato e scacciato. È la scoperta dell'amore che lo affascina. Con l'incontro di Madre Eugenia Elisabetta Ravasio vive un'esperienza di carità vibrante, sensibile, traboccante, tanto che l'imperativo dell'amore fraterno resterà sempre la forza principale del suo 'messagio' fino ad arrivare allo slogan "La sola verità è amarsi". Era rimasto già segnato quando, visitando i luoghi dov'era vissuto Charles de Foucauld, ne ha scoperto la radicale trasformazione di quest'uomo: quale contrasto tra l'elegante uniforme del Visconte De Foucauld e il panno grezzo di beduino indossato dal solitario del Sahara! Rimane compenetrato da questi pensieri. In questi luoghi incontra dei lebbrosi e osserva: "Mentre alcuni fuggono impauriti, altri se ne stanno immobili senza cessare di guardarmi con i loro occhi dolorosi. Ho detto alla guida: - Chi sono questi uomini? - Dei lebbrosi, - mi ha risposto. - Perché si trovano là? - Sono dei lebbrosi. - Capisco, ma non starebbero meglio al villaggio? Che cosa hanno fatto per esserne esclusi? - Sono dei lebbrosi, vi dico. - Vengono curati almeno? A questo punto il mio interlocutore diede un'alzata di spalla e mi lasciò senza dir nulla. Quel giorno ho capito che esisteva un crimine. Un crimine che non ammetteva ricorso o amnistia di sorta: la lebbra". Tuttavia egli non si è messo subito al loro servizio. L'incontro del Sahara era una chiamata che chiedeva una conferma. Ed ecco l'incontro con Madre Eugenia Elisabetta Ravasio, che lo anima di nuovo e decisivo slancio. Ora non si fermerà più. Si è in tempo di guerra, egli aveva pubblicato nel 1938 sul suo bollettino "Hitler, volto dell'anticristo", perciò non era troppo prudente per lui rimanere in zone vistose; così cerca rifugio a Vénissieux vicino a Lione, nella casa madre delle Suore di Nostra Signora degli Apostoli. Conosce bene le religiose. Ebbe modo di conoscerle nel Cairo, nel Libano e in Africa, tanto che nel 1939 dedicò ad esse un'opera in due volumi: "Sur les routes de la charité" (Sulle vie della carità). À Vénissieux è sicuro di essere accolto bene. È là che si delineerà nettamente la sua vocazione, tramite l'azione della Superiora Generale Madre Eugenia Elisabetta Ravasio."Una suora lancia Follereau all'azione in favore dei lebbrosi" Questo è il titolo dell'articolo, nel mensile: CLUB MISSIONARIO ROMANO (n. 1 - 1985, G. Pappalardo), qui sotto riportato: "Tornata da Abidjan la Madre Eugenia confida la sua preoccupazione, con voce vibrante e sdegnosa, all'ortolano Raoul Follereau che, nell'ascoltarla, misurava a passi inquieti il giardino del convento: «In Europa si fa la guerra! milioni di franchi per bombe e cannoni! E laggiù gli esseri più poveri del mondo muoiono di fame e di miseria nera. Ragazzi sui dodici anni senza mani, con la faccia sfigurata, che dormono sul sudiciume. Giovani donne impazzite per la fame. E noi giochiamo alla guerra! Voglio costruire una città nella foresta Africana, dove i lebbrosi non saranno più trattati come bestie, ma come esseri umani con tutto il rispetto e la dignità che meritano...». Follereau sentiva nella voce di quella piccola Suora una volontà enorme, decisa a tutto. Ma dove trovare i soldi in quella Parigi devastata, occupata, depredata? Madre Eugenia vide ad un tratto il suo 'ortolano' gettare la zappa, detergersi il sudore e dire deciso: - Madre mia, non si preoccupi, continui pure la sua Opera; del danaro mi occupo io! Quando il segretario, rimasto a Parigi, viene a conoscenza della novità esclama: - Costruire un villaggio per i lebbrosi a 7.000 km dalla Francia in piena guerra? Ma è pazzesco! Madre Eugenia sogna ad occhi aperti!". Bisogna riconoscere che la Carità è più contagiosa della lebbra e riuscirà a rimuovere tanti cuori, che come una falange sono convogliati a questo progetto; e il suo 'sogno utopistico' diventerà realtà. Raoul Follereau aderisce subito alla proposta di quella Madre così sensibile e premurosa per i problemi degl'infelici. La paura della polizia militare è sparita; esce dal convento con un solo mezzo: la sua parola che sgorga dal cuore toccato dalla carità evangelica; così cominciò a fare le conferenze. La sua parola fluisce come da sorgente: è limpida, fervida, immaginosa, colorita. Esprime tenerezza, sente di portare tutta la carica che Madre Eugenia gli ha comunicato. Ha espressioni che fanno colpo, gesti che impressionano, dice: "Guardate queste mani! Hanno toccato migliaia di lebbrosi, ma non hanno preso la lebbra". La prima conferenza ha luogo il 15 aprile 1943 al teatro municipale di Annecy. Cosa va in scena per attirare tanta folla? Un grande sipario rosso fa da sfondo. Sul proscenio un tavolino con sopra un bicchiere d'acqua. Un movimento della mano colpisce inaspettatamente il bicchiere e l'acqua si rovescia sui fogli, che diventano illeggibili; cosa fare? Si concentra un po' e improvvisa un discorso caldo e vivace, provocando folate di applausi. Da quel giorno Follereau non scriverà più un discorso su carta. La Madre Eugenia sorride ancora quando ricorda questo bicchiere 'guastafeste' e dice: "Gliel'avevo detto che non occorreva che il cuore, la volontà e la fiducia di arrivare al traguardo. Infatti, Gesù ci ha insegnato di non preoccuparci di cosa dobbiamo dire quando si tratta di difendere la Verità e agire per la difesa dei diritti di Dio e dell'uomo". Le conferenze seguono a profusione per il Belgio, la Svizzera, il Canada e il Nord-Africa. In Francia anche i sindaci comunisti offrono gratuitamente le loro sale più belle; nella "Comédie-Française" la riunione è presieduta dal nuovo Nunzio Apostolico, Mons. Roncalli, il futuro Papa Giovanni XIII. Al "Palais de Chaillot" un migliaio di persone non potranno entrare, tanto è pieno; così al "Chatelet". Alla fine di ogni conferenza, le vecchie valigie di Follereau, messe appositamente all'entrata, si riempiono di danaro. Follereau racconta: "A Nancy mi si è accostato un giovane, si è tolto il suo anello d'oro e me l'ha fatto scivolare in mano, dicendo a bassa voce: - Mi scusi per aver esitato tanto tempo. Un altro nella 'Banlieu' parigina uscendo: - Abbiamo il portafoglio vuoto, ma abbiamo qualcosa nel cuore". Quando si ama davvero, si riesce a comunicare tale amore. Penso a Madre Eugenia Elisabetta Ravasio e le sue Suore, a Raoul Follereau e a tutto il suo seguito. Veramente la Carità è più contagiosa della lebbra!



La foresta retrocede

Su richiesta di Madre Eugenia Elisabetta Ravasio il governo offre 250 ettari di terreno per la costruzione della città dei lebbrosi in piena foresta vergine, a 15 km dal Villagio. Dunque, 15 km di strada da conquistare metro per metro con i soli mezzi di cui si disponeva a quel tempo: asce, zappe, pale, piccoli cesti per trasportare la terra; abbattere alberi giganti di legno duro. Duecento manovali reclutati nel nord partono all'assalto della foresta. Vanno a squadre di cinque. Una volta un albero cadendo schiaccia due taglialegna. Allora gli operai pensano scoraggiati: "Gli spiriti della foresta sono in collera!" e abbandonano il cantiere. Ci vorranno giorni di discussione per convincerli a tornare. La foresta comincia così a perdere terreno, e mentre Madre Eugenia si dedica ai suoi impegni, le altre dirigono i lavori con coraggio. Occorrono tredici ponti sulle paludi e finalmente al quindicesimo chilometro è raggiunto il terreno pianeggiante. Si costruiscono le prime case, e nel luglio del 1950 Suore e Malati si trasferiscono al nuovo lebbrosario, che non cesserà più di svilupparsi. Così con la buona volontà di tante persone e la fiducia, che Madre Eugenia ha trasmesso e sostenuto, si è realizzato l'impossibile'! Ha le caratteristiche di Dio, che al progetto della creazione ha fatto partecipare gli uomini 'gli altri, la gente', i quali si devono muovere nella Carità come Lui. Follereau dice nel suo discorso per l'inaugurazione: "Penso a Lei, Madre Eugenia, quando ha scoperto nell'isola Désirée quell'angolo terribile, dove i lebbrosi per sfuggire dagli uomini hanno nascosto le loro miserie, le loro sofferenze, la loro disperazione. Penso a Lei, quando ha sognato di costruire una città per loro che non fosse una prigione, ma una città come le altre, dove essi vivranno come gli altri e dove essi potranno morire come uomini. Questa diventerà anche per sua volontà, Madre, una città di Carità". Questo progetto è partito da un cuore pieno di Carità, libero da ambizioni, perciò riuscirà a continuare in questa linea tracciata dalla sua ideatrice e promotrice. Sentiamo come Raoul Follereau testimonia la coraggiosa Carità di Madre Eugenia Elisabetta Ravasio in occasione della Giornata Mondiale dei Lebbrosi: "...Avete evocato, Signor Ministro, il ricordo... Madre Eugenia aveva fatto questo sogno che appariva ancor più utopistico e chimerico in un mondo di egoismo, di odio, di disgrazia, tormentato e inondato di sangue; di costruire una città di fraternità. Poca gente nel 1941-42 parlava di pace e di amore. Eppure questa idea fioriva nel suo cuore, di una città per i più sfortunati e abbandonati degli uomini: i lebbrosi. Al suo grande sogno - e gliene sarò sempre grato - volle associare il giovane poeta che ero io. Divenni una specie di 'Ministro delle finanze' di Adzopé. Disponevo come mezzi solo della mia parola e del mio cuore. Questa parola l'ho offerta ai lebbrosi per 10 anni, accompagnando le Suore, che hanno lottato contro l'inerzia, l'egoismo, la vile idea che «tanto i lebbrosi ci saranno sempre!». Era un'idea semplice, sordida, definitiva. Sono andate di città in città, di villaggio in villaggio per riunire i primi soldi, che permisero di iniziare la costruzione. Questa casa è davanti a voi, fu la prima... Percorrevo il mondo per inseguire questa strana battaglia di fraternità". Il 30 ottobre 1968 il governo decideva di trasformare il Vilaggio di Adzopé in Istituto Nazionale della Lebbra della Costa d'Avorio, intitolandolo al nome di Raoul Follereau. Ma egli, nel suo discorso d'inaugurazione che ebbe luogo il 28 gennaio 1971, in occasione della 18° giornata mondiale dei lebbrosi, dice ancora: "Oggi è l'inaugurazione dell'Istituto Nazionale della Lebbra della Costa d'Avorio, Istituto che porta il mio nome, ma che avrebbe dovuto portare il vostro, perché non sono stato io, ma Madre Eugenia insieme a voi... Madre Eugenia non era presente. Non era presente neanche, quando all'Istituto di N. S. degli Apostoli le è stata assegnata la Corona Civica, che è la massima onorificenza che la Francia concede per opere di carattere sociale, in questo caso per il lebbrosario di Adzopé. La Madre Eugenia ne era stata l'ideatrice e la promotrice della città dei lebbrosi di Adzopé, diventata ormai un faro e una spinta di incoraggiamento per l'apertura di altri centri per la cura di questi malati. C'è chi semina e chi raccoglie. La Madre Eugenia è contenta purché il bene si faccia. Lei si sente povera davanti a Dio, davanti agli uomini e davanti a se stessa. Sa ben chiaro che l'unica fonte del Bene è solo Dio e noi possiamo compierlo solo se ci lasciamo guidare da Lui, dalla sua Parola; se continuiamo a tenere la 'nostra mano in quella del PADRE'. Dopo che avete fatto il vostro dovere, chiamatevi servi inutili" (Lc 17,10), cioè: la potenza del 'fare' è Dio. Egli ha voluto farci partecipi concedendola anche a noi, ma dobbiamo essere coscienti che è Lui artefice; a noi di non essere presuntuosi, cadendo nella menzogna, nel male, se non riconosciamo questa verità. Per il suo profondo e onesto sentire, Raoul Follereau andò a Roma nel 1971 per visitare Madre Eugenia, e la trova tutta intenta nella fedeltà sul cammino del 'Calvario'. Con profondo rispetto egli esprime il suo dispiacere: "L'Istituto Nazionale della Lebbra di Adzopé andava intitolato al suo nome Madre, non al mio, io gliel'ho detto". Poi con profonda riverenza le ha baciato la mano; un attimo di silenzio e con occhi lucidi dice: "A Lei devo il mio profondo grazie per avermi lanciato nell'avventura più bella che possa esistere al mondo". Lei con atteggiamento modesto e convinzione profonda risponde: "Sono contenta di compiere quanto il PADRE vuole da me". Per Lei infatti era l'ora del 'Calvario'; e aggiunge: "Sono contenta di non aver fatto niente agli occhi del mondo, così mi presento a Dio povera, povera". Dice ancora Follereau: «Questo incontro mi ha sprofondato in un incontrastato silenzio che mi ha tirato a contemplare la pace dei giusti; mi sembra di aver raccolto il frutto delle mie fatiche: una nuova luce mi ha pervaso e ho capito che cosa significa: "Dopo che avete fatto il vostro dovere chiamatevi servi inutili", inutili sì: all'orgoglio; ma figli di Dio, utili solo alla Verità che è amarsi. Mi sono sprofondato: Dio È ed è Amore, mi basta essere suo figlio. Ora capisco meglio la preghiera "Dio è mio PADRE". La Gloria è solo Sua, ma io sono suo figlio e partecipo! Chi può penetrare la luce profonda di queste anime che, animate di Fede e di Amore, s'innalzano nell'Eterno?! Così, mentre il primo incontro con Madre Eugenia, sensibile e ben disposto com'era, lo fa diventare apostolo dell'amore fraterno, in questo secondo incontro viene lanciato nell'Infinito e intravede l'Assoluto: spoglio di tutto! Anche di quegli 'idoli' buoni, ma che non sono ancora Spirito e Verità. Gliene rimane il sapore. Tanto che negli ultimi anni della vita che ancora gli restano, sente impellente il bisogno di immergersi in questa immensa Pace che si chiama PADRE, e gustare la sua Paternità.



Alle prese con i medicamenti

Madre Eugenia aveva mobilitato una moltitudine di persone che rispondevano generosamente; ma intanto bisognava dare agli ammalati i primi soccorsi, e medicine per la lebbra non ce n'erano. Era assillata dal pensiero di come aiutare quei poveri lebbrosi con il corpo "smangiato che cadeva a brandelli". Guardandosi attorno, con il cuore spezzato dalla pena, sembrava chiedesse soccorso a chiunque vedeva. Si trovò così davanti ad una pianta di chalmogras (scialmogrà), i suoi occhi sono attirati dalle sue bacche; non perde tempo: "Forse voi mi potete aiutare, ma sì! A qualcosa dovete pur servire se il Signore vi ha create, aiutatemi!". Con la speranza nel cuore, le pesta e diventano una poltiglia oleosa; la applica sulle membra piagate dalla lebbra, fermandone così lo sviluppo. Madre Eugenia è veramente imprevedibile! L'Istituto Pasteur di Parigi ha perfezionato questa scoperta, dando così un impulso alla scienza per debellare questa malattia. Della sua vita missionaria abbiamo ricordato solo qualche episodio, tanto per farci un'idea della sua forza, del suo coraggio, del suo zelo per il bene del prossimo, della sua massima fiducia in Dio, della Parola del Vangelo vissuta: "Voi siete il lievito che fermenta tutta la pasta... Siete il sale della terra... La lampada accesa sopra il candelabro perché tutti vedano" (cfr. Mt 13,33; 5,13-15).



Creati per la felicità in Dio

Madre Eugenia è un vulcano in continuo movimento, un fuoco inarrestabile: la forza e la vita di Dio la conducono. L'Apostolo San Paolo dice: "Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me" (Gai 2,20). È normale, secondo la nostra fede, che Cristo in ogni anima che Lo accoglie continua a vivere le sue aspirazioni: la Gloria del PADRE e la salvezza di tutti i suoi figli, gli uomini di buona volontà che Lo vogliono accogliere. "PADRE Santo! Che il mondo creda che tu mi hai mandato... Li hai amati come ami Me... PADRE Santo! Che tutti siano una cosa sola e siano anch'essi dove sono io" (cfr. Gv 17,20-26). Siamo stati creati da Dio, e non solo ha desiderato che noi esistessimo, ma ha voluto avere la compiacenza di farci suoi figli: "Ed alitò su di loro" (Gen 1,26), cioè comunicandoci la sua stessa Vita, permettendoci così di far parte della 'Famiglia Divina'. Disgraziatamente l'uomo non ha scelto un comportamento giusto come il suo Creatore e PADRE, ma si lasciò sedurre dalla menzogna che è il male. Da quanti idoli menzogneri siamo attirati! Ma attenti! 'Non tutto ciò che luccica è oro'. Se ad esempio pensiamo alla droga: felicità bugiarda che distrugge l'uomo! Il 'figlio prodigo' del Vangelo pensava di essere felice, ma lontano dal padre, dalla Verità, è finito a mangiare con i porci. È così per tanti altri 'idoli' bugiardi. Dio allora ci ha dato dei Comandamenti, non tanto per imporci qualcosa o per mostrare la sua superiorità, ma per guidarci a scegliere bene, a scegliere la Verità, la sola che ci "farà liberi e felici" (cfr. Gv 8,32). O Verità-libertà, o schiavitù. La libertà è il dono più grande che Dio ha fatto all'uomo, ma va usata con amore, ordine, giustizia, perché la verità è che noi veniamo da Dio; perciò nella nostra libertà, per essere genuini, ci conviene scegliere un comportamento alla maniera di Dio: Egli è AMORE. Se non siamo nell'amore come ci insegna il Vangelo, abbiamo tradito Dio e noi stessi, siamo nella menzogna e perciò nel male, nell'infelicità. Qualcuno dice di trovarsi bene in un comportamento dissoluto, questo finché non raccoglie il frutto amaro del male; come il figlio prodigo, come il ricco epulone del Vangelo, come i drogati ecc. Dio ha voluto darci il modo di scegliere. Perché? Certamente è un dono grande, lo capiremo meglio quando staremo nel mondo della Verità dove raccoglieremo i frutti del nostro agire; però lo possiamo capire anche adesso se ci lasciamo condurre da Dio. Tanti si domandano: perché Dio permette il male? Se leggiamo con attenzione il Vangelo abbiamo la risposta. Qui in due parole semplici rispondiamo: perché rispetta la libertà dell'uomo, tale come l'ha creato. Anziché prendercela con Dio, che sarebbe una grande ingiustizia, guardiamo come Egli si comporta: Per rispettare la libertà dell'uomo Dio ha preferito piuttosto che il suo unico Figlio fosse linciato dal male, che noi abbiamo scelto di fare, pur di avere salvi tutti i suoi figli, l'umanità. L'Amore del PADRE-Creatore si moltiplica all'infinito in questo gesto. Sembra che Dio PADRE non possa fare a meno di vedere i suoi figli felici. Sant'Ireneo, contemplando questo mirabile mistero, dice: "La Gloria di Dio è l'uomo Vivente", Vivente del suo Amore e non di menzogna. I figli sono la Gloria del PADRE. Noi non possiamo fare a meno di Dio per essere felici, mentre Dio è felice in se stesso. Egli vuole che la sua Gloria sia soddisfatta dal vedere i suoi figli felici.



Gesù fa gli interessi del PADRE

Gesù è venuto nel mondo per occuparsi delle cose del PADRE suo: "Perché mi cercavate, non sapevate che devo occuparmi delle cose del PADRE mio?" (cfr. Lc 2,49). Con questo atteggiamento Gesù mette in secondo ordine tutti gli altri valori. I suoi interessi, in modo assoluto, sono gli interessi del PADRE: avere tutti i suoi figli salvi nella Verità, a formare un'unica cosa con Gesù, felici in seno al PADRE, nell'Amore dello Spirito Santo. "Io e il PADRE siamo una sola cosa", e il suo ardente desiderio è: "PADRE Santo! Che tutti siano uno in Me, come Io e Te siamo UNO... E siano anch'essi dove sono Io" (cfr. Gv 14,11; 17,24). Gesù è venuto a riproporci la Via, la Verità e la Vita che è Egli stesso. È venuto fra suoi, ma essi non Lo hanno accolto perché hanno travisato Dio, i veri valori. Sono sedotti dalla superbia, dall'egoismo e, ormai sono ferrei in questo proposito; sono accecati, non conoscono neanche i segni dei tempi! I Profeti avevano già denunciato questo comportamento malefico, ma coloro che stavano nella menzogna hanno reagito uccidendoli. Molto peggio hanno reagito con Gesù, dato che Egli oltre ad annunciare la Verità, la conferma con la sua potenza. Gesù ci ha riproposto l'Amore come il massimo dei Comandamenti, anzi include tutti i Comandamenti. Perciò, anziché annientare coloro che Lo vogliono uccidere, come agnello mite, si lascia uccidere. Ora di tenebre! Ma trionfa risorgendo in una magnifica Vita che nessuno più può contrastare. Insieme a Gesù risorgono coloro che Lo hanno accolto e partecipano del suo trionfo quanti l'aiutano nel cammino del Calvario a portare i figli alla Casa del PADRE. Chi ha accolto la Verità ed è coinvolto da essa, ha qualcosa da dire al mondo. Insieme a Gesù è un 'profeta', e non è per niente facile perché il 'mondo', cioè i 'non disposti per Dio', non Lo accoglie. Ma il 'profeta', insieme a Gesù, va avanti, non teme; freme nel Getsemani, ma non retrocede, porta la sua croce con pazienza e speranza, attendendo la vittoria, che sicura attende al traguardo. Così è capitato a Madre Eugenia, quando si è occupata degli interessi del PADRE: far conoscere la Paternità di Dio, sono sorti mille contrasti. Ma lei va avanti salda nella fede come una roccia; anzi, chi vi urta si sfracella, perché chi è nella Verità è incontrastabile. Dopo la morte in croce, Gesù dimostra una Vita ancora più bella; così è dei suoi 'profeti': la sofferenza non li annienta, ma li potenzia.



Sulle orme di Cristo

Ecco il cammino di un'anima che va insieme al suo Maestro: "Hanno perseguitato Me, perseguiteranno anche voi (Gv 15,20; Mt 10,24); ma uniti a Gesù siamo sicuri e fieri come dice San Paolo: "Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Chi ci separerà dall'Amore di Cristo? Né la tribolazione, né l'angoscia, né la persecuzione... In tutte queste cose siamo più che vincitori per virtù di Colui che ci ha amati" (Rm 8,31.35.37). La sofferenza ci distacca da tutti gli idoli attraenti di questa terra, dall'amore proprio disordinato, dalla vana gloria e da tutto ciò che non è Verità, affinché Cristo ci riporti fra le braccia del PADRE, ove sarà pace, serenità, gioia, gaudio, letizia, Gloria del PADRE che sarà la nostra Gloria. 'Impresa difficile', seguire il Maestro con coerenza fino in fondo! Un giorno Padre Pio di Pietrelcina domandò a un bambino: - Cosa vorresti fare da grande? - Voglio fare il santo. - Mestiere difficile, figlio mio! - rispose Padre Pio sorridendo. Così è successo a Santa Teresa d'Avila: era triste perché aveva visto alcune situazioni di peccato. Nel vedere il suo Signore offeso, ha avuto tanta pena che non riusciva a prendere cibo da tre giorni. Allora si presentò Gesù con aspetto dolce e malinconico, quasi dicendole: "Consoliamoci insieme", Egli aveva in mano un bicchiere d'acqua e un po' di pane e la invita a prendere cibo; ma ella desiste. Gesù la invita ancora dicendole di farsi coraggio e aggiunge: "Non sai che i miei amici li tratto così, visitandoli con la croce?" - "Ah, Signore! Perciò ne avete pochi di amici!..." Anche Madre Eugenia Elisabetta Ravasio è stata invitata a farsi forte e seguire Gesù disprezzato e crocifisso; cioè a farsi forte per superare le difficoltà circostanti, che incontra nel perseguire il suo ideale nella Verità. Il PADRE esprimendosi con lei le dice: "Sono già tante volte che comunico ad altre anime questo mio desiderio, il 'Messagio', ma queste alle prime difficoltà si arrendono. Non fare altrettanto tu". Lei di fronte al volere di questo dolcissimo PADRE, che sembra chieda l'elemosina alle sue creature, si sente sciogliere il cuore e mobilita tutte le sue forze fino all'impossibile: "Si PADRE! Farò di tutto, prendi anche il mio onore e quanto altro mi è di più caro, perché la Tua Volontà è tutto per me". È cosciente che Dio prende in 'parola' ed eccola pronta a lasciarsi pestare, disprezzare, vituperare: "Mi sono seduta vicina a Gesù sofferente a farGli compagnia in quella tremenda tribolazione!" e, insieme a Gesù, non cede, non condanna, supera tutto facendo rivivere ciò che il PADRE vuole mediante questa sua offerta.



Se il grano non marcisce

Prima l''osanna' e poi il 'crucifigge'! Fino al 1948 l'Opera di Dio in Madre Eugenia Elisabetta Ravasio era come un trionfo. Si vedevano i frutti del suo operato, l'organizzazione e la realizzazione di tante opere. Ma Dio voleva anche altre cose da lei. Anche per Gesù è stato lo stesso; il PADRE così ha voluto. Gesù stava facendo tanto del bene soccorrendo i bisognosi in tutti i campi, consolando tutti, guarendo gli ammalati nel corpo e nello spirito, risuscitando i morti. Gesù è in pieno vigore a 33 anni; perché non lascia quel pugno di uomini che lo vogliono annullare, solo, perché la sua dottrina li scomoda, per andarsene altrove? Ci sono tanti che attendono soccorso... Infatti San Pietro, guidato dalla logica umana e da ciò che è più facile e comodo, gli dice di cambiare rotta: "Non andare a Gerusalemme... Corri pericolo!"; ma Gesù risponde: "Non sapete di che spirito siete... Vattene via da me, satana... Non devo fare la Volontà del PADRE MIO?". Alla nostra maniera, che ci fa vedere corto, oggi diremmo come San Pietro e anche peggio: bello, giovane e potente, avrà un momento di pazzia, è cocciuto a non evitare quei quattro scalmanati, perché non li annienta, quei!... Chi non direbbe questo alzi la mano! Che noi faremmo lo stesso è provato. Forse, ai nostri tempi, le anime che seguono fedelmente Cristo, non sono bollati allo stesso modo? Ma Gesù e le anime che Lo seguono sono guidati dalla Volontà del PADRE, che svolge i suoi programmi per un fine di Amore grandissimo. Il PADRE sacrifica quanto ha di più caro: l'unico Figlio, pur di avere tutti i figli salvi. Noi diremmo, e forse anche soddisfatti: son voluti andare a rotta di collo, adesso si arrangino!... Glielo dicevo io!... Anche Dio ci ha detto di scegliere il bene. Per fortuna che il PADRE non fa come noi, Egli ha avuto pietà della nostra debolezza e cerca di rimediare. Gesù dice: "Se voi che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, tanto più il PADRE vostro che è nei cieli" Lui, che è l'Amore (cfr. Lc 11,13). Il PADRE anche oggi, come in tutti i tempi, ci chiede: chi vuole aiutarMi a portare tutti i miei figli a casa incamminandosi sulla via della croce insieme a Gesù? E il PADRE si fa ben capire da chi Lo ascolta. Madre Eugenia Elisabetta Ravasio ha già detto di "Sì" al PADRE. Nella sua mente si era messo come un chiodo fisso: "PADRE Santo, che tutti siano UNO!". Infatti racconta: "Un giorno aprendo il Vangelo, mi è venuto il capitolo 17 di San Giovanni: la Preghiera Sacerdotale di Gesù. L'ho letta più attenta delle altre volte e quando sono arrivata al punto: - PADRE Santo, che tutti siano UNO - mi sono fermata; mi sembrava di vedere tutto lì: perché Gesù si era fatto uomo, il fine della sua venuta. Con slancio mi trovai a rispondere: Sì PADRE. Mi era ormai chiaro cosa voleva il PADRE da me". Quel "Sì" non sanguinava, ma bruciava di Amore pensando che con la sua piccola vita insignificante poteva, in qualche modo, appagare il desiderio di Gesù. Se leggiamo con attenzione la preghiera "Dio è mio PADRE", possiamo vedere come lei è abbandonata totalmente alla Volontà di Dio, la grande fiducia in Lui, il grande amore alla sua tenerezza Paterna, che veglia sulle sue creature con Amore: "I capelli del vostro capo sono tutti contati" (Mt 10,30), per custodire i suoi figli, non per sindacare. Qualunque cosa non viene a caso: è l'Amore paterno, è una Luce continua che lei vede vegliare sulle sue azioni, sui suoi movimenti, sui suoi respiri: su tutto della sua vita. Non vive più per i propri interessi, ma insieme a Gesù per quelli del PADRE. Ormai ha offerto la sua vita insieme a Gesù per questo grande ideale: che tutti i figli in Gesù siano uniti al PADRE e con Gesù siano la Gloria del PADRE. Questa offerta èfatta non solo per la durata di questa vita terrena, ma va oltre. "PADRE, mi voglio dar da fare e non darmi pace finché c'è ancora un'anima sulla terra". I problemi del mondo sono problemi della sua grande 'famiglia', che lei offre al PADRE continuamente e per la quale ha offerto la sua vita. È un grande sacrificio, perché in mano lei ha solo la Croce, la Risurrezione è in mano al PADRE, e lei si fida del PADRE. È per questo ideale di Unità in Cristo per la Gloria del PADRE, che si avvia a creare una struttura specifica, e a questo scopo lascia l'Istituto Religioso dove si trova. Con questo inizia il suo cammino verso il Calvario. A partire dal 1948 le difficoltà si susseguono una dopo l'altra, senza tregua. Al padre della discordia, satana, non piace affatto questo programma di Unità in Dio PADRE; inizia quindi ad impedirla, suscitando contrarietà nel modo più svariato e folle. Nel 1949 si trova in periferia di Roma. La signora N. N. sua exnovizia, che per motivi di salute non stava più in convento, andò a trovare Madre Eugenia, che fra l'altro dice: "Vedo l'inferno infuriatissimo contro di me... Ma io accetto tutto dalla permissione del PADRE, perché se mi fermo alle persone che lo fanno e al demonio che ne è il promotore, potrei avere dei risentimenti. Le mie difese le prendono Gesù e il PADRE... E un calice amaro, ma ho già detto di sì al PADRE e lo voglio bere per la sua Gloria... Mi trovo a dire continuamente "sì" per non ritirarmi indietro. Dio prende l'offerta sul serio, ma anch'io voglio dire sì fino in fondo. Farò compagnia a Gesù, Lui che ha sofferto senza limiti, sfigurato, vilipeso, sputato, schiaffeggiato, deriso, e chi può contare le offese che ha ricevuto?! Lui, Dio e Signore che si abbassa fino a tanto! Cosa sono le nostre sofferenze? Noi, in un modo o in un altro, le meritiamo, Lui no. Solo per Amore nostro accetta tanta sofferenza!". Nel 1972 si avvera quanto aveva previsto nel '49 e siamo in pieno uragano: viene smagliata la struttura che lei ha tentato di fare, le viene tolto l'abito religioso; è una gara a chi grida di più: "crucifigge", è una vera suggestione diabolica. Se non fosse diabolico, come si spiega che la gente tanto beneficata da Gesù è tutta sulla piazza a gridare crucifige? "Voi non siete da più del Maestro: hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi" (Gv 15,20; cfr. Mt 10,24). Un Monsignore, incontrandosi col cappellano dove si trovava per breve tempo la Madre, gli domanda: - Allora, hai visto Madre Eugenia? dimmi, come sta? - Lei, bene. Le dico Monsignore, che le persone si sono migliorate tanto con la sua presenza. I suoi occhi spiravano tanta pace e riusciva a comunicarla anche agli altri. Ascoltava tutti senza badare alla sua sofferenza. Dopo tanti anni che ha portato l'abito religioso con tanto amore, ora senza, prova una triste sensazione! Se con la triste vicenda sembra che le hanno tolto l'onore e quanto aveva di più caro, togliendole l'abito religioso le sembra che le tolgono l'anima. È talmente triste a questo pensiero, che una mattina non si decideva di alzarsi; guarda triste il Crocifisso che ha davanti, e sente chiare queste parole: "Di che ti lamenti? Tu almeno hai qualcosa da metterti addosso. Non vedi come sono ridotto? Nudo!". Queste parole le diedero coraggio; salta fuori del letto e cerca di vestirsi il meglio che può. "È imbacuccata più di prima", le dice il Parroco della Montagnola quando la incontra. Ormai, di lei è stato distrutto tutto. Solo lei non si sente annientata per la grande fiducia che ha in Dio. Il suo è un trasferimento nello Spirito quasi assoluto. Dopo il Calvario c'è la Risurrezione; la sua presenza emana una grande pace.



Riportiamo qualche testimonianza

Avvicinandola, tutti sentono qualcosa che non si sanno spiegare, e restano col desiderio di rivederla. Mentre Madre Eugenia era a Roma in ospedale, tanti del personale infermieristico la visitano spesso. Qualcuno ha detto: "Non so perché mi sento tanto attirata da questa Suora, sento proprio il bisogno di venire a trovarla". Nessuno le aveva parlato di Madre Eugenia. Un'altra: "Ero triste, neanche le vacanze mi avevano dato un po' di serenità. Ora, dopo che sono stata con la Madre Eugenia, mi sento un'altra, sono serena e contenta". N. N. dice: "Lo sa? Ho detto alla Madre di mettermi la mano sulla testa, perché erano due giorni che mi dolorava moltissimo. Appena mi ha toccato con la sua mano, mi è scomparso completamente". Un Professore: "Quando ho incontrato Madre Eugnia avevo in mente di esporre il mio problema dell'insonnia; erano due anni che non potevo dormire. Non avevo ancora pronunziato una parola: lei mi ha sorriso e alzando la mano mi ha detto: - Dormirà mai tanto!- Infatti ho un sonno tranquillo mai avuto. Il bello è che quasi non posso fare a meno di portare sempre con me la preghiera del PADRE, mi fa sentire di stare in comunione con Lui". Per la Madre Eugenia non ci sono barriere, né di tempo né di spazio. Segue le cose anche a centinaia di chilometri, e se qualcuno la chiama, sente a qualunque distanza. Racconta N. N.: "Stavo in treno, mi è partito un embolo come già altre volte mi era capitato. Dai sintomi capii subito di che si trattava, avevo già la bocca paralizzata; con la mia mente chiamai Madre Eugenia in mio aiuto e ho detto la preghiera del PADRE. Coloro che stavano con la Madre mi dissero che Madre Eugenia con lo sguardo lontano, come assente, diceva: - Ringraziamo Dio che è andata bene! Alla domanda dei presenti: - Che cosa è successo? - lei rispondeva con la medesima frase: - Ringraziamo Dio che è andata bene!- L'ora coincideva con la mia disgrazia. Quando mi trovai davanti ai medici, mi dissero meravigliati dell'andamento delle cose: - Lei certamente ha un grande Santo che le tiene la mano in testa! Io risposi che ce l'avevo grandissimo: il PADRE e la preghiera di Madre Eugenia che avevo chiamato in mio aiuto". Episodi di aiuto con la preghiera, se ne potrebbero raccontare un'infinità; ne riportiamo ancora qualcuno. In Francia: "Non avevamo notizie di nostro figlio da molto tempo. Ho fatto la novena con la preghiera 'Dio è mio PADRE' . Siamo stati esauditi, nostro figlio è ritornato". In Francia: "Una signora, sapendo che si ottenevano dal PADRE delle grazie mediante la novena con la preghiera 'Dio e mio PADRE', ci ha chiesto se facevamo anche per lei questa novena, perché da quindici anni che è sposata non aveva bambini. Con grande gioia di tutto il gruppo, la signora ha ottenuto la grazia". Dall'America arriva una telefonata, è una Dottoressa che conosce la Madre: "Dite alla Madre Eugenia di pregare perché una mia amica nell'incidente ha perso uno dei suoi due figli; l'altro non si sa se può salvarsi perché è in gravi condizioni e vomita sangue. Tutta la gente sta fuori dell'ospedale per aspettare notizie del giovane; alle ore 13 lo devono operare". La Madre avuta la notizia, si mise subito in preghiera. Di nuovo squilla il telefono: "Il ragazzo è fuori pericolo, si è alzato in mezzo al letto con grande meraviglia di tutti. La gente fuori grida commossa: miracolo! Solo ai parenti ho detto, di aver telefonato a Madre Eugenia per pregare". Da Firenze telefonano: "Mia moglie arriva per ringraziare il PADRE. Si doveva operare di tumore ed era tutta pronta per l'intervento. Si è ricordata di avere la preghiera 'Dio e mio PADRE'; l'ha recitata subito e poi dice: - Prima di operarmi rifatemi gli accertamenti, perché a me sembra di sentirmi proprio bene. Così è stato: l'hanno trovata bene, con grande sorpresa, e non c'è stato più bisogno dell'operazione. Una persona con le gambe paralizzate da un po' di tempo è venuta a chiedere preghiere, e la Madre Eugenia le rispose: "Stai tranquilla, il tuo male me lo prendo io; tu sei giovane, devi fare ancora tanto del bene". Dopo un po', alla presenza di altri ospiti: due di colore, una signora francese e altri italiani, l'ammalata si svincola dalle mani che la reggono e di scatto cammina fra la emozione di tutti. N. N. dice: "Erano già tre anni che avevo male alla gamba, non per reumatismo; ho domandato alla Madre Eugenia se voleva farmi un segno di croce sulla parte sofferente, e mi ha risposto: - Sopporta ancora un po', Gesù ha bisogno della tua sofferenza. Felice che quella sofferenza poteva servire a far contento Gesù, me la tenevo come una compagna e le parlavo: ancora per poco, pare che sei tanto preziosa! Passato un po' di tempo sono ritornata dalla Madre Eugenia dicendole se era arrivato il momento di farmi il segno di croce sulla parte malata, e lei mi rispose: - Se Gesù lo vuole, e se non lo vuole? - Va bene, se Gesù non vuole sono contenta lo stesso, però Lei mi faccia il segno di croce. - Va bene, fallo tu. L'ho fatto, ma al contrario il dolore incalzava più forte. Dentro di me però avevo tanta fiducia e dicevo: sei vinto, abbaia pure forte, sei come un cane legato. Dopo otto giorni di questa lotta mi è sparito completamente e sono ormai cinque anni che sto bene". "E se Gesù non lo vuole?" Madre Eugenia è ben convinta, che la Volontà di Dio è il Bene più grande e che qualunque grazia serve, in un modo o in un altro, a portarci a Dio che è la Grazia delle grazie a cui dobbiamo aspirare. Questo si esperimenta quando, finita la novena fatta con la preghiera "Dio è mio PADRE", si viene fuori con tanta pace e serenità e più entusiasti ad affrontare la vita guardandola con un'ottica diversa; tanto che alle persone non importa più ottenere le 'grazie' che si erano proposte. Ciascuno, a modo suo, esprime la propria gioia. Ne riportiamo qualcuna: "Ora ho tanta gioia, mi sembra che tutto sorride attorno a me... Sento la fede più viva, mi sento più felice e sicura, Dio è Padre vicino "Finalmente mi sono incontrato con Dio sentendolo PADRE tenerissimo, protezione, pace profonda... Mi sembra che tante cose mi hanno preparato a questo incontro. Sono felice, tanto che non mi preoccupo più, sono più serena". "Sacrificherei tutto pur di fare ancora quell'esperienza: sentire Dio mio PADRE. Ora è un dolcissimo ricordo di questa esperienza, che mi aiuta ad avere la certezza nella fede. Sento il bisogno di leggere il Vangelo. E come se i miei occhi si fossero aperti. Prima credevo, ma era come se mi scivolasse. Scopro solo adesso che Gesù è venuto a rivelarci il PADRE. Prima guardavo Gesù solo come Redentore, ma anche in questo Egli ha fatto la Volontà del PADRE. Confesso che non ci aveva fatto caso. Comunque voglio dire che quella esperienza mi ha portato ad una lettura viva del Vangelo; ora credo davvero! E sono felice che quel PADRE potente e amorosissimo è anche mio PADRE realmente, non solo a parole sfuggenti". "Avevo chiesto la grazia per aver sollievo da una sofferenza facendo la novena con la preghiera 'Dio è mio PADRE'. Finita la novena, mi sento tanto serena e sono contenta così. Anzi adesso penso, che la sofferenza è un'occasione per dimostrare al PADRE che lo amo concretamente, accettando la sua amabilissima Volontà per realizzare quanto vuole da me. Avevo letto in un libro che Gesù diceva: - È con la Croce che avvicino le anime a Me! Ora mi sento proprio diversa, nella sofferenza non vedo più una croce che voglio evitare, ma un fuoco che mi fa avvicinare di più all'Amore. Vedo un dono perché mi viene dall'amabilissimo PADRE, che sinceramente guida le cose per un bene maggiore. Perciò voglio stare forte e sicura vicino al mio Eroe sulla Croce, insieme a Lui non mi sento schiacciata, ma vittoriosa". "Sono stata colpita nell'osservare come Madre Eugenia è totalmente abbandonata alla Volontà del PADRE. Prima di incontrarla non avevo mai fatto caso quanto Gesù è abbandonato alla Volontà del PADRE, e quanto dipende tutto dal PADRE; è una cosa sola col PADRE e Gli porta tutto il rispetto. Infatti Gesù dice: - Le parole che vi dico non le dico da Me, ma il PADRE che è in Me compie le sue opere... Credetemi: Io sono nel PADRE e il PADRE è in Me;... credetelo per le opere stesse (Gv 14,10-11). Provo tanta gioia che questo PADRE è anche mio PADRE! Mi sento più sicura e felice. Gesù ce l'ha detto nel Vangelo, ma non l'avevo colto chiaramente". "Non riuscivo a togliermi il vizio del fumo. Piano piano la Madre Eugenia mi andava preparando. Lei vedeva la mia buona volontà, ma non tanta da riuscire ad avere la forza che ci voleva. È arrivata l'ora in cui mi diede il colpo decisivo con tutta la sua capacità materna. A lei, che l'ho vista una persona di Dio e avevo tutto il rispetto, non sono stata capace di tirarmi indietro e dire di no. Ora ringrazio Madre Eugenia, perché dopo questa vittoria mi sento veramente 'un'altra', sono contenta e serena. La mia famiglia ha avuto una svolta; insieme recitiamo il Rosario e la preghiera 'Dio è mio PADRE' e passiamo sopra a tante difficoltà che prima ci arrenavano. Anche mio marito si è tolto qualche vizio, ci siamo sostenuti insieme; ora troviamo la forza di educare i nostri bambini, perché questo vale anche per loro. Grazie Madre, che ci sproni a questa nuova vita. Ora la nostra casa sorride e lo dobbiamo a Lei".



Il coraggio a scapitarne di persona

La Madre Eugenia non esita a scapitarne di persona pur di agire secondo Dio e per il bene vero delle persone. Le disse un Dottore: "Devo andare a testimoniare per Lei in... L'unica figlia che ho è destinata a morire perché ammalata di tumore. Dica a Gesù, che se mi guarisce la figlia io testimonio bene, altrimenti dirò male di Lei". La Madre abbassa gli occhi a quell'insulto e non lo degna neanche di una parola. Chi osa mettersi alla pari di Dio e ricattarLo? Davanti a Dio si sta con tutto il rispetto e si chiedono le grazie con l'umiltà perché Dio è Verità e non lo può cambiare nessuno. Noi capiamo poco quando pensiamo che Dio sta lì per rispondere ai nostri desideri, che a noi ci sembrano sempre buoni. Ma Dio vede le cose meglio di noi, guarda al nostro vero bene e cerca di indirizzare il tutto per evitare una rovina maggiore. Per esempio: quel Dottore chiedeva la guarigione della figlia, cosa buona per se stessa, ma la sua disposizione era provocante e superba. Può darsi che il dolore della perdita della figlia l'abbia fatto rientrare in se stesso e sia meglio disposto a scegliere la giustizia e l'amore nella Verità, che è il Bene supremo degno dell'uomo. Questa è una considerazione da farci caso, ma il motivo vero e proprio lo sa solo Dio che veglia su tutta la nostra esistenza e le nostre vicende con Amore. Dio è Amore e vuole portarci alla felicità di questo Amore. Come sempre, anche in questo caso, la Madre ha tenuto il comportamento secondo Dio. Ha visto la situazione del papà più grave di quella della figlia e ha pregato per lui, ha offerto a Dio le conseguenze del male che egli le ha causato alterando la sua testimonianza. Lei non ha avuto alcun rancore perciò prega: PADRE Santo! Unita a Gesù, l'offro a Te, PADRE, affinché tutti i figli arrivino al tuo Paterno Amore. Tu che sei Amore e Verità. L'unità che desidera Madre, Eugenia non è un fatto di consensi, per stare - come si dice - in buona armonia; ma è l'Unità dei figli nella casa del PADRE, nell'Amore e nella Verità, cioè: l'Unità voluta da Gesù. La guida di questa Unità è di stare sempre nella Volontà del PADRE perché Egli vuole solo il nostro bene. Egli è il Bene, quindi ci conviene stare uniti a Lui. Una mamma racconta: "Avessi lasciato fare a Dio! La mia bambina, l'unica figlia, a tre anni si è ammalata senza speranza di guarire. Io non riuscivo a rassegnarmi a questo dolore. Pregavo Dio che non la lasciasse morire la mia unica bambina. Mi buttai per terra disperata, gridando a braccia aperte. Dio mi ha esaudito, ma ora son pentita; avessi lasciato compiersi la sua sapiente Volontà! Ora sono più disperata che mai; mia figlia già a quindici anni appena, 'batte il marciapiede', drogata e contro di me. Ora mi trovo senza figlia, col disonore, col rancore e un vuoto disperato che nessuno può immaginare. Avessi lasciato fare a Dio! Mi sarebbero rimasti almeno l'innocenza e l'amore di lei!". Gesù nel Vangelo ci insegna a pregare: "PADRE se è possibile passi da me questa sofferenza, altrimenti non la mia volontà, ma la Tua si compia!". Se pensiamo alla droga e ad altre dannose attrattive: i genitori e le persone, che li vogliono liberare fanno tutti i sacrifici che occorrono pur di salvare i figli dal 'male', che non è il 'bene' della persona. Così Dio vuol salvare i figli dalla droga del male-menzogna e portarli al Bene-Verità. Il drogato e chi è caduto nella schiavitù del peccato ormai non sono più in grado di salvare se stessi, altri, che sono liberi da queste schiavitù, li devono aiutare. Così Dio chiede ai suoi figli fedeli di aiutare i suoi figli prodighi, ma per aiutarli devono imporsi dei sacrifici. Chi è quella persona che ne vede un'altra in preda alle fiamme e non tenta di aiutarla? Chiunque farebbe di tutto. Il 'male' è peggio delle fiamme; solo che non abbiamo abbastanza 'gli occhi aperti' per renderci conto. Chi più e chi meno, chi in un modo, chi in un altro, tutti attizziamo il fuoco del male. Le persone giuste, libere dalla schiavitù del male, non solo lo evitano, ma si offrono a fare tutti i sacrifici per salvare i fratelli. Non sempre è evidente e palpabile che i sacrifici dei giusti aiutano gli altri, ma coloro che seguono Dio fedelmente hanno imparato che il PADRE si serve dei sacrifici fatti per mantenersi giusti, per aiutare tutti i figli. Le persone giuste sono come i parafulmini. Abramo chiede a Dio se risparmierebbe il castigo, che aveva preannunciato a tutta la città, se avesse trovato cinquanta persone giuste. Dio rispose di sì. Ma nel dubbio che non ne avesse trovate cinquanta, diminuendo sempre più, è arrivato a chiedere: "E se ne trovo solo dieci giusti, per questi risparmieresti il castigo a tutti?" Dio rispose di sì (cfr. Gen 18,20-33). Un giorno Santa Geltrude si sentiva schiacciata da una sofferenza, le tentazioni erano talmente brutte che si è lamentata col Signore dicendo: - Signore, com'è che devo lottare tanto? Voi lo sapete che voglio comportarmi solo secondo il vostro insegnamento! Gesù allora si fece vedere e le disse: - Lo so che tu hai scelto di comportarti secondo i miei desideri, ma Io voglio che ti costi tanto, affinché la tua fedeltà sovrabbondi e Io la possa adoperare per aiutare coloro che sono più deboli. Allora le fece vedere due persone in lotta contro il 'male', ma che combattevano debolmente e sarebbero state sopraffatte dal peccato. - Vedi? La tua lotta Mi è servita per aiutarle. - Signore, non mi occorre più che io veda a chi indirizzi i miei sacrifici. Li offro a Te, pensaci Tu. - Ho tante anime che mi aiutano con l'offerta delle loro sofferenze, sacrifici e preghiere, ma Io non le informo come l'adopero, per evitare loro la tentazione di sentirsi superiori agli altri e cadere nella superbia. Voglio che stiano nella fede credendo al Vangelo. Non ho detto a Tomaso: beati coloro che credono senza vedere? E ancora: la fede sposta le montagne? Ogni piccolo sacrificio e preghiera offerti a Me nella fede, senza badare se si sente la dolcezza della mia presenza o no, è grande agli occhi del PADRE mio. La Madre Eugenia si trova bene con quanto Gesù ha detto. Lei non pensa mai di soffrire per espiare i peccati degli altri. Lei affida se stessa e gli altri a Dio: "Lui sa". Quando vede qualcosa che non va, comincia a pregare: "Gesù, pensaci Tu!" ripetendolo tante volte. Se parlando, qualcuno si sente tanto 'redentore', la Madre Eugenia risponde al discorso dicendo: "Ne ho tanti dei miei da scontare, affidiamo tutto a Gesù, ci pensa Lui". Quando si tratta di schivare una tentazione, anche di poca importanza, come potrebbe sembrare questa 'di sentirsi salvatori', lo fa così in fretta e decisa come se dovesse toccare un ferro infuocato. Lei vede le cose, sia del passato che del futuro, ma si serve di questo solo per offrirle al Signore e pregare. Quando qualcuno le domanda qualcosa, anche buona, ma che potrebbe rasentare la curiosità, lei risponde: - Non è la mia missione. - Allora qual'è la sua missione? - Vivere il Vangelo nella fede; se il PADRE permette, che mi serva della conoscenza di alcune cose, è solo per aiutare a vivere di fede, e perché le anime si rinforzino meglio nella fede. Poi aggiunge subito: - Ma io non so niente! Su questo punto è irremovibile. Quando qualcuno prega per determinate intenzioni, lei in modo semplicissimo, tanto che, chi non è interessato neanche se ne accorge, dà una risposta. Quando qualcuno vuole mantenere a tutti i costi il proprio punto di vista, lei cerca di evitare tutto con il silenzio, ma tra i denti dice: - E quando esaudirà Dio i vostri desideri, se non avete le disposizioni richieste dal Vangelo? - Madre, perché non glielo dice? - Perché non intendono ascoltare, se lo desiderassero, sarebbero già disposti diversamente. Ci si presenta a Dio con i nostri desideri sì, ma bisogna anche ascoltarLo, senza voler mantenere per forza le proprie idee, altrimenti soli cominciamo, soli finiamo e soli rimaniamo con la nostra superbia. Madre Eugenia non si immischia nelle vicende, anche se conosce bene come andranno a finire. Lei rispetta fino in fondo il piano di Dio, che dà all'uomo l'intelligenza di programmare, ma nella sua Provvidenza, non gli permette di vedere le cose prima che si svolgano. Gesù nel Vangelo ci insegna: ad ogni giorno basta il suo affanno. Un giorno va a trovarla, tutta contenta, una signora che attendeva un bambino. La Madre Eugenia l'ascolta come se non vedesse che il bambino tanto desiderato non aveva più vita. Dopo che era andata via la Madre dice: - Bisogna pregare per la Signora N. N. perché abbia la forza di affrontare bene la situazione: il piccino che aspetta è già morto. - Oh! E perché non gliel'ha detto? - Lasciamo che le cose vadano da sé, non stiamo qui per questo, è inutile e sa di curiosità. Noi preghiamo, questo il Signore vuole da noi. Quando vede come finale qualche vittoria dice: "Però adesso armiamoci di coraggio a lottare con tutto l'impegno, altrimenti le cose potrebbero cambiare". Questo per dire quanto è importante la nostra collaborazione al destino finale. Ci insegna ad affrontare le cose con fede viva, facendoci notare che questo comportamento è scritto nel Vangelo, e a metterlo in pratica anche nelle piccole cose, perché niente davanti a Dio è piccolo. Tante volte dice: "Sono impegnata, mi hanno chiamato". Questo è quello che lei fa più volontieri, cioè pregare. Per lei non c'è distanza: la chiamano in aiuto, lei sente, ed è pronta a soccorrere tutti con la preghiera. Un giorno ripete con voce insolita: - Madre! Madre! Chi mi chiama? - Nessuno, - le rispondono. - Sì, mi chiamano, devo aiutarli... Poi, quando abbiamo incontrato quelle persone, ci hanno detto: - L'altro ieri alle ore 14 ci è successo... Abbiamo chiamato Madre Eugenia in aiuto, poi subito abbiamo recitato la preghiera "Dio è mio Padre", per fortuna si è risolto bene! - Infatti la Madre a quell'ora aveva detto: "Chi mi chiama?". Perciò vi ha sentito. La Madre Eugenia viveva ritirata in preghiera, nella semplicità. Evita incontri di persone per non disturbare il suo raccoglimento, ma aiuta tutti volentieri con la preghiera seguendoli nel suo raccoglimento con Dio. Il mondo intero lo sente sua famiglia e segue tutti gli avvenimenti. Una sera l'abbiamo vista preoccupata e abbiamo domandato: - Madre, c'è qualcosa? - Devo aiutare, che disastro! Un treno si scontra! - Se passiamo la notte in preghiera possiamo evitarlo? - Dobbiamo pregare, ma possiamo solo aiutare le anime a presentarsi a Dio... Infatti poi è successo il disastro del treno. Lo stesso fu per un grande terremoto. Se si domanda qualcosa, lei risponde che non sa niente. Forse il Signore le fa vedere solo le cose sul momento che deve pregare. Infatti, lei dice che la sua missione è di pregare e aiutare le anime nella Fede in Dio e nella fiducia, che Egli è PADRE che ci ama teneramente.



Con Maria Regina Unitatis

Insieme a Gesù ha offerto la sua vita per l'Unità dei figli nella Casa del PADRE. Come poteva farlo meglio se non con Maria, Regina dell'Unità? La sua vita era stata già segnata dalla presenza di questa dolcissima Mamma: La Vergine Santissima l'aveva aiutata a camminare per la prima volta nella vita. Man mano che Bettina cresce, si accorge che deve stringere quella mano sempre di più, per poter superare gli ostacoli e camminare sicura nella via dello Spirito. Un giorno le sembra ancora di toccare quella mano, e si sente condurre in una immensa Luce ancora mai vista, si trova di fronte ad un orrizzonte nuovo: la Mamma Celeste che la conduce dolcissimamente le fa distinguere il PADRE, il FIGLIO e lo SPIRITO SANTO. Mistero ineffabile!... La Mamma Santissima le dice: "Vedi? Fai parte della nostra Famiglia". La Madre Eugenia non sapeva più se stava in Cielo o in terra! Questa conoscenza ha segnato profondamente la sua anima. Adesso lei sa in che modo bisogna fare Unità! Costi quel che costi: «Vergine Maria, Mamma di Gesù e Mamma mia dolcissima, metto tutta la mia vita nelle tue mani, adorando sempre e in tutto la divina Volontà del PADRE! Offrila a Gesù nell'Amore dello Spirito Santo, affinché tutti arrivino nella Casa del PADRE: finalmente UNA SOLA FAMIGLIA nell'Eterna Beatitudine PER LA GLORIA DEL PADRE. Aiutami Tu, Mamma, a vivere con Gesù da vera figlia del PADRE in una consacrazione totale al Vangelo. Amen. Regina dell'Unità, prega per noi.»



Conoscere il PADRE

Sant'Ilario di Poitiers diceva, che la Grande Opera del Cristo è stata di farci conoscere il PADRE. Infatti, nel discorso sulla Montagna Gesù parla del PADRE 17 volte; nel Vangelo di San Matteo 47 volte; in San Giovanni 115 volte; nell'ultimo intrattenimento con gli Apostoli Gesù parla ancora del PADRE 43 volte, e così via... La Buona Novella è stata annunciata da Gesù, ma proviene dal PADRE, perché Gesù si presenta come l'Inviato del PADRE: "La mia dottrina non è mia, ma di Colui che Mi ha mandato" (Gv 7,16; cfr 15,23-24); "Non faccio nulla da Me stesso, ma Io parlo come Mi ha insegnato il PADRE... Egli è con Me perché faccio sempre le cose che Gli sono gradite" (Gv 8,28-29). E ancora: "Chi vede Me vede il PADRE... Non credi tu che Io sono nel PADRE e il PADRE è in Me? Le parole che Io vi dico non le dico da Me, ma il PADRE che è in Me compie le sue opere. Credetemi: Io sono nel PADRE e il PADRE è in Me, se non altro, credetelo per le opere stesse." (Gv 14,10-11). "Nessuno può venire a Me, se non l'attira il PADRE che Mi ha mandato" (Gv 6,44). Facciamo un po' di attenzione su queste parole: nessuno. Non capiamo mai abbastanza l'incapacità della nostra natura di fronte al mondo soprannaturale. Dovremmo chiedere umilmente al PADRE di stabilirci nella Verità e ringraziarlo molto che ci attira a Lui, eterna felicità. Adoriamo la sua bontà, la sua condiscendenza, il suo Amore. "Questa è la vita eterna: che conoscano Te, PADRE, unico vero Dio, e Colui che hai mandato, Gesù Cristo" (cfr. Gv 17,3). Il PADRE conosce la limitatezza della nostra natura umana perciò, nel suo grande Amore, ci dà Gesù con la sua stessa capacità per poter ricevere in pienezza tutto il suo Amore Paterno. Nel "Padre nostro" c'è già espressa questa verità esaltante: il PADRE già ci appartiene, si vuole lasciare possedere da noi con tutta l'immensa ricchezza della sua Divinità. "Se uno Mi ama, osserverà la mia Parola e il PADRE mio lo amerà e Noi verremo e prenderemo dimora presso di lui... La Parola che voi ascoltate non è mia, ma del PADRE che Mi ha mandato" (Gv 14,23; cfr. 7,16). "Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi, ma il Consolatore, lo Spirito Santo, che il PADRE manderà nel mio nome, Egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto" (Gv 14,25-26). Il cristiano che osserva la Parola del Vangelo vive nella Trinità: con Gesù che ci ha meritato tutto, ci muoviamo nell'Amore dello Spirito Santo per la Gloria del PADRE, che è la nostra Gloria per partecipazione e possesso come figli eredi (cfr. Rm 8,17). Per i meriti di Gesù nell'Amore dello Spirito Santo, il PADRE stesso parla nel segreto ad ogni cristiano e a Pietro quando dichiara: "Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio vivente". Allora Gesù conferma: "Beato te, Simone, figlio di Giona, perché né la carne, né il sangue te l'hanno rivelato, ma il PADRE mio che è nei cieli" (Mt 16,17). Chi è da Dio ascolta la Parola di Dio. "Tutti saranno ammaestrati da Dio. Chiunque ha udito il PADRE e ha imparato da Lui viene a Me" (Gv 6,45). Gesù ci ha meritato il diritto anche a noi di chiamarlo PADRE, e lo è realmente. Anche se Gesù ci ha parlato del PADRE, i primi cristiani si sono fermati soprattutto alla Persona di Gesù. Questo è facile da capirsi in quanto prima bisognava rinforzarsi nella fede in Lui. Gesù ha fondato la Chiesa nella persecuzione. Nonostante la sua Risurrezione, gli ostili continuano nella loro durezza e intimano agli Apostoli, con le frustate e il carcere, di tacere. Gesù conosce bene le cose e dice: "Adesso non avreste la forza di sostenere tutto. Lo Spirito Santo vi condurrà alla Verità intera" (cfr. Gv 16,12-13). "Verrà tempo in cui i veri adoratori adoreranno il PADRE in Spirito e Verità, perché il PADRE cerca tali adoratori" (cfr Gv 4,23). In quanto al 'Messaggio' che il PADRE ha affidato a Madre Eugenia, un prelato le ha detto: "Madre, lei si sarebbe dovuta presentare cinquant'anni più tardi con questo Messaggio". Gli animi non erano ancora pronti; poteva sembrare loro che, richiamando l'attenzione sulla Persona del PADRE, si velasse la figura del Cristo Redentore. Però la Persona del PADRE non vela la figura del Cristo Redentore: riconoscere la Paternità divina appartiene alla "Verità intera". Giustamente, come ci fa notare Monsignor Caillot, Vescovo di Grenoble: col 'Messaggio' affidato a Madre Eugenia, il PADRE non rivela niente di nuovo che non sia nel Vangelo. Egli vuole richiamare l'attenzione sulla Paternità divina e al vero culto, quello del PADRE, tale come Gesù ce l'ha insegnato e come la Chiesa l'ha fissato nella Liturgia. Il PADRE, essendo Creatore, poteva essere per noi padrone o altro di simile; invece nel suo immenso Amore e Bontà infinita ha voluto esserci PADRE! E quando Lo ringraziamo abbastanza per questo inestimabile dono?! Ormai, è 'tempo' di prendere coscienza, che Dio è nostro PADRE; di lodare, onorare e godere la sua Paternità divina. Lodare, in quanto dimostriamo nella gioia la nostra riconoscenza, lodando la sua immensa Bontà e Perfezione. Onorare, in quanto ci dobbiamo comportare come figli degni di un tale PADRE: "siate perfetti come il PADRE vostro"(cfr. Mt 5,48). Perfetti, non alla maniera umana; se questa c'è, sia pure. Noi - poveri limitati - riteniamo difettoso anche la diversità che c'è fra una persona e un'altra. Secondo il Vangelo essere perfetti significa: vivere nella rettitudine, glorificando così il PADRE, perché si vive secondo il Suo Spirito, come si spiega San Paolo nella prima lettera ai Corinti, capitolo 13. Godere, in quanto ci accostiamo a Lui con più fiducia e confidenza. Egli così vuole! PADRE significa anche questo. Preso coscienza, che abbiamo un PADRE così grande e buono, come non desiderare che tutti conoscano questa Verità e pregare, perché sia conosciuto da tutti gli uomini? "PADRE Divino, dolce speranza delle anime nostre, sii conosciuto, onorato e amato da tutti gli uomini". Così prega Madre Eugenia, spinta dallo Spirito che dal profondo grida "Abba" PADRE (cfr. Rm 8,15), affinché tutti vengano a conoscenza e godano di questa Sorgente della Vita che si chiama PADRE. Gesù ha impegnato tutta la sua vita per la Gloria del PADRE. La sua vita è il modello di ogni cristiano: se rimanete nel mio Amore, fate quello che vi comando, e questo è il mio Comandamento: che vi amiate gli uni gli altri del mio Amore, quello vero, perché tutti siano Uno in Me, come Io e Te, PADRE, siamo UNO. Madre Eugenia Elisabetta Ravasio andò maturando nel suo cuore particolarmente questa parte del Vangelo, e quando l'ebbe chiara, non esitò a consacrare tutte le sue forze per la Gloria del PADRE insieme a Gesù, facendosi accompagnare sempre da Maria Santissima, Regina dell'Unità. La Madonna a Fatima chiede ai tre bambini, se sono disposti a sopportare tutte le sofferenze che Dio chiede loro per poter realizzare il Messaggio che dava al mondo. Essi rispondono di sì. Non sanno cosa aspetta loro, ma si tengono pronti ad ogni momento a compiere questa Volontà di Dio. Non che Dio vuol far soffrire le sue creature, ma per poter conquistare tutti i figli al suo Amore, ci vuole una 'battaglia' per la vittoria. Qualcuno deve lottare e andare di mezzo. Cominciando da Gesù, così è anche per tutti coloro, che lo seguono e si offrono per sostenere la 'battaglia' affinché tutti i figli tornino all'Amore del PADRE: "Per questo il PADRE Mi ama, perché offro la mia vita, ma la riprenderò di nuovo" (Gv 10,17). In cinquant'anni la Madre Eugenia ha sostenuto, con pazienza e fino in fondo, tutte le contrarietà, che il 'Messaggio' del PADRE ha suscitato fra i meno disposti. Lei non si sente importante, né per la sua missione, né per la sofferenza sostenuta, ma con semplicità prende tutto dalla Volontà di Dio, momento per momento. Lei non vede nessuno che le voglia far del male, non vede il 'male', non vuol vederlo e dice: "Non ho nemici, io prendo tutto dalla Volontà di Dio. All'inferno non regalo né uno sguardo, né una parola".



Quali sono le esigenze del PADRE?

"Chi non accoglie il Regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso" (Mc 10,13; cfr.Mt 11,25-27). Non ci viene chiesto di fare chissà quali grandi cose, ma la disposizione dei bambini. Essi non sono dei minorati per la loro posizione, ma godono l'amore dei genitori e rispondono a questo amore con fiducia e confidenza. Essi sono semplici, non hanno ancora assorbito le astuzie del male. La Madre Eugenia a questo riguardo dice: "Quando vedete il male, fate come se non vedeste e, umili senza scandalizzarvi o condannare, rimanete fissi in Dio; la vostra forza in Dio da sé combatterà il male. Il Bene è come il sole che dirada la tenebre". Noi siamo l'oggetto dell'Amore del PADRE. In noi Egli vede: la compiacenza di averci creato a sua immagine e somiglianza; il Sangue del Figlio, versato con tutto il suo Amore per ricondurrci al PADRE; il suo grande desiderio di vederci felici; la sua Gloria: "La Gloria di Dio è l'uomo Vivente" (S. Ireneo). Non siamo minorati quando stiamo nella Verità, riconoscendo che Dio è nostro PADRE. Saremmo invece dei mostri a non voler riconoscere la Verità. Non è una dipendenza di sudditanza, ma è partecipazione alla Vita divina che ci fa in Cristo una cosa sola col PADRE. Saremo dei, perché lo vedremo come Egli è (cfr. Gv 10,34 ss; cfr. 1 Gv 3,1-2). "Ogni paternità viene dal PADRE" (cfr. Ef 3,14). Per un papà i figli sono l'oggetto delle proprie compiacenze e premure. Quando gli fanno onore, il papà esulta di gioia; è come dire: 'il cuore si scoglie' davanti ai figli. Quando fanno i 'prodighi', il papà soffre, ma non per questo vien meno il suo amore. Anzi, sta ad attendere con cuore grande, e finché non ritornano sta sulle spine! Non sta tranquillo, finché non assicura loro la felicità. Non vuole fare a meno di questa esigenza paterna; e solo allora è contento, quando vede i figli al sicuro. Il PADRE ci vuole con Sé nella sua Gloria. Ai mistici piace portare l'esempio della goccia d'acqua che si unisce all'oceano e quindi partecipa a tutte le prerogative dell'immensa acqua. Ma c'è molta differenza: l'unione della goccia all'oceano si disperde, mentre i mistici, cioè coloro che hanno esperienza di Dio, dicono, che nell'unione dell'anima con Dio si diventa una cosa sola, ma con la differenza che conserva la propria personalità e fisionomia. Che meraviglia! Dio è veramente grande e perfetto! Ci ama di un Amore perfetto, per noi stessi, concedendoci tutto alla perfezione. Di questo pare che noi, finché non facciamo esperienza, non possiamo renderci conto perché è nuovo per la natura umana. San Paolo parla di un uomo rapito in paradiso, che udì parole indicibili che nessuno può pronunziare (cfr. 2 Cor 12,4) e dice: "mai occhio vide, né orecchio udì ciò che Dio ha preparato per coloro che Lo amano" (1 Cor 2,9). Intanto sappiamo, che siamo eredi di questa immensa ricchezza, e che Dio con tutte le sue perfezioni è nostro PADRE, e lo è davvero! (cfr. Ef 1,17s).



Attenzione ai falsi profeti!

(Mt 7,15-20; 24,11-13; 2 Tm 4,3; Gal 5,22; I Ts 5,21)

Ci sono coloro, che appena sentono parlare di un fatto straordinario che può destare stupore, corrono dietro, senza rendersi conto, se è benefico o malefico, oppure futile, destinato solo a distrarre l'attenzione dal vero Bene cioè: la nostra elevazione alla natura divina. Come possiamo vedere nel Vangelo, Gesù non ha mai operato un intervento straordinario inutile e neanche per glorificare se stesso, perché si lascia testimoniare dal PADRE. Gesù ha compiuto miracoli per testimoniare la Verità: Dio; per soccorrere le necessità e per aiutare la fede in ciò che Egli annunziava: il Messaggio della Salvezza. La presenza di Dio che Gesù testimoniava, ammorbidiva i cuori, li animava alla Carità-umiltà, dava pace, serenità e speranza: "Dai frutti riconoscerete l'albero" (Mt 7,16). Mentre coloro che cercano la propria gloria e i propri comodi fanno di tutto per attirare l'attenzione su di loro, ingannando se stessi e gli altri. Essi non sono animati dallo Spirito di Dio. Coloro che non volevano accettare Gesù, il Messaggio della Salvezza, perché non volevano liberarsi dalle loro idee, si indurivano di più. Gesù dice: sono venuto per dividere coloro che vogliono aderire a Dio da quelli che non lo vogliono (cfr. Mt 10,35 ss). Per avere diritto alla Vita divina bisogna, che ciascuno lo voglia, mediante il modo di vivere che sceglie: i figli della Luce vivono dell'Amore del PADRE loro, mentre i figli delle tenebre compiono opere inique, ingiuste, egoistiche e superbe. Apriamo gli occhi per vedere, dove dobbiamo andare, chi dobbiamo seguire; dai frutti dobbiamo riconoscere ciò che è buono. Se sentiamo, che il nostro cuore si ammorbidisce nella Verità e nella Carità di Dio, andiamo sicuri. Le altre cose sono per distrarre la nostra attenzione dal grande 'miracolo': la FEDE nel Messaggio Evangelico. Bisogna fare attenzione ai facili entusiasmi e confrontarli col Vangelo, l'unica Verità. Oggi si corre di qua, si corre di là, dicendo: 'Eccolo il Cristo!' e così facendo si confonde il vero Dio che è Spirito e Verità. A volte cose, anche buone di per sé, le rendiamo vuote di Dio; si strumentalizzano per la propria vana gloria e per soddisfare la propria superbia, come ad esempio i farisei che erano perfetti, ma vuoti di Dio e strumentalizzavano la religione per il proprio tornaconto. Se diamo uno sguardo: quante volte troviamo di adorare Dio in Spirito e Verità? Cioè per quello che Egli è, senza tradire questa nostra esigenza vera di adorazione, adorando idoli, che lì per lì sembra ci soddisfino, ma sono illusione e menzogna. La nostra vera soddisfazione è: adorare il vero Dio, stare nella Verità, la sola che ci farà liberi e felici. "Quale tesoro di gloria il PADRE riserva ai suoi figli!" (cfr. Ef 1,17-18); Dio è nostro PADRE! E ci è anche consentito dire: Dio è mio PADRE, per il diritto che ciascuno ha al rapporto personale con Dio. Chiunque avvicina Madre Eugenia, sente tanta pace e serenità, sente il desiderio di meditare il Vangelo, trova la forza per andare avanti e mantenere l'unità della famiglia, armandosi di pazienza, perché ci si rende conto, che vale la pena sotto tutti i punti di vista. Come testimonia il Vescovo di Grenoble, Monsignor Caillot: "Credo, che c'è il dito di Dio... si vede, da come applica alla sua vita reale la dottrina, che ci ricorda".



Dio parla come vuole

Potrebbe sorgere la domanda: il PADRE è purissimo Spirito, come si può vedere? È semplicissimo: 'Dio parla come vuole, quando vuole, a chi vuole'. Non ha bisogno di nessun consigliere, a Lui sono riservati tutti i perché. Se pensiamo, che Lui è Dio-Creatore-PADRE, e che noi siamo sue creature-figli, saremmo ridicoli - se non addirittura colpevoli - se avessimo l'ardire di ribattere il suo operato. Però Egli è buono e molto clemente, non si adira facilmente come possiamo pensare noi, misurando tutto con nostro metro umano. Egli è Dio Amore perfetto, non se la prende a male, se noi ci domandiamo: perché? E buon per noi, se umilmente chiarendo, arriviamo alla Verità, riconoscendo che Egli può fare tutto ciò che vuole ed è perfetto. Chi può impedirgli di manifestarsi nella forma che Egli vuole ad una creatura insignificante agli occhi del mondo? Ragionando, ciascuno arrivi come meglio gli aggrada, ma per noi che crediamo in Gesù e al suo Vangelo, è semplice: "Chi vede Me, vede il PADRE" (Gv 14,9-10). E come può manifestarsi meglio alla nostra natura umana, se non con le sembianze del Figlio, che ha già dichiarato di essere una cosa sola col PADRE? Prendere coscienza di questa sua Paternità è il fine del 'Messaggio' affidato a Madre Eugenia: "Vedo, che ignorate e che non sapete, che Io nient'altro desidero da voi, se non che Mi conosciate come PADRE", di avere più fiducia e confidenza, perché Egli è PADRE per noi. Non è il PADRE a giudicare, ma la Parola stessa del Figlio, se l'abbiamo accolta o meno. Egli è sempre il PADRE, che attende i figli fra le sue braccia. Desidera, che abbiamo confidenza e fiducia nel suo Amore di PADRE, che gli raccontiamo tutto: gioie, dolori e tutte le cose che animano la nostra vita quotidiana. Egli sa tutto di noi, ci veglia con Amore e "neppure un capello" sfugge alla sua vigilanza Paterna. Senza la presenza di Dio non ci sarebbe vita. Siamo noi, che dobbiamo aprire gli occhi a questa vita meravigliosa e usarla a nostro vantaggio. Il PADRE chiede un'immagine nelle famiglie e nei luoghi più abitati. Non che Egli si circoscrive in quella figura; Egli è presente dappertutto, specialmente nell'intimità del nostro spirito, ma chiede un'immagine per aiutare l'esigenza della nostra natura umana. Se prendessimo coscienza, che svolgiamo la nostra vita sotto lo sguardo dell'Amore del PADRE, le cose cambierebbero in bene, migliorando tutto. Tanti lo fanno già, ma tantissimi l'ignorano, almeno in pratica. Perciò, con questo 'Messaggio' il PADRE vuole richiamare la nostra attenzione al suo Amore Paterno, perché diventi Vita. Vediamo il 'Messaggio' come un campanello che suona per rinviare la nostra attenzione al Messaggio Evangelico: "Verrà tempo, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il PADRE in Spirito e Verità" (Gv 4,23), perché tutti siano UNO in Gesù, nell'Amore dello Spirito Santo, per la GLORIA DEL PADRE. Ormai, i tempi sono maturi. Con la riforma liturgica abbiamo la gioia di rivolgerci al PADRE. Il Papa stesso, Giovanni Paolo Il, ha fatto l'Enciclica sul PADRE: "Dives in Misericordia". E ora, che il PADRE veda ritornare tutti i suoi figli a Casa e si senta chiamare PADRE.



Ma chi è Madre Eugenia Elisabetta Ravasio?

Il Papa Pio XII, sentendo parlare di Madre Eugenia, mandò un Sacerdote di sua fiducia, Padre Girard Matthieu, a rendersi conto della situazione. Questi, recatosi sul posto, fece chiamare Madre Eugenia. Mentre l'attendeva, la vide arrivare dal fondo del corridoio verso di lui e, sollevata mezzo metro da terra, raggiante emanava luce. Dio le diede il segno, e come dice lui stesso: "Con questo ed altre cose ho avuto la conferma dell'opera di Dio in Madre Eugenia". Chi è Madre Eugenia ce lo dice soprattutto Monsignor Alexandre Caillot, Vescovo di Grenoble. Egli, dopo aver esaminato per dieci anni Madre Eugenia con una inchiesta canonica, condotta dai due teologi Gesuiti, i Padre Augusto e Roberto Valensin, la testimonia con grande lucidità, chiarezza e convinzione e, benedice il PADRE, che si è degnato di scegliere la sua diocesi come luogo di manifestazioni così toccanti del suo Amore Paterno.





DIO IL PADRE




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